AISTED NEWS

SEMINARIO ANNUALE CON ANNA RITA VERARDO E ASSEMBLEA GENERALE AISTED APS

Seminario Verardo

 

"L'IMPORTANZA DEI SISTEMI MOTIVAZIONALI INTERPERSONALI (SMI) NEL DIALOGO CLINICO"

Sabato 12 Aprile 2025

Hotel Lombardia - Viale Lombardia, 74 - Milano

In occasione della consueta Assemblea Annuale vi proponiamo una giornata di studio e approfondimento con Anna Rita Verardo sull'importanza dei sistemi motivazionali nel dialogo clinico, come sempre in una prospettiva clinica e laboratoriale in cui saranno presentati casi clinici e ampio spazio sarà dedicato al confronto. 

Info e iscrizioni: https://www.aisted.it/seminario_Verardo

 

SONO APERTE LE ISCRIZIONI 2025!

Iscrizioni

 

AISTED APS ha aperto le iscrizioni per il nuovo anno associativo.

L'adesione permette di entrare in una rete di professionisti impegnati nella psicotraumatologia e di accedere a risorse esclusive come seminari, materiali didattici e collaborazioni internazionali.

Ci sono due diverse procedure per iscriversi ad AISTED APS, una per i nuovi soci e una per coloro che si sono già iscritti nel 2024: trovate QUI tutte le indicazioni per l'iscrizione o il rinnovo.

Unisciti a noi per portare avanti il nostro obiettivo di approfondire e migliorare la comprensione del trauma e della dissociazione!

VERITA' E RIPARAZIONE - RECENSIONE

VERITA' E RIPARAZIONE

 

"Verità e riparazione. Una giustizia per chi sopravvive al trauma."

di Judith L. Herman

con prefazione del Direttivo AISTED APS

Judith Herman, nel libro ''Verità e Riparazione'', amplia il suo lavoro sui sopravvissuti al trauma aggiungendo una tappa fondamentale nel percorso di guarigione: la giustizia intesa come riconoscimento e riparazione da parte della collettività.

Con la sua delicata sensibilità, Judith Herman affronta ancora una volta temi di importanza vitale per tutti, lanciandoci un'altra sfida a non sottrarci alle nostre responsabilità verso i sopravvissuti.

Leggi la recensione di Cristiana Chiej, Consigliera AISTED APS, su State of Mind

 

 

AISTED CONSIGLIA: CRISTALLI INFRANTI - a cura di Elena Simonetta

Cristalli Infranti

 

Vi consigliamo caldamente la lettura di questo libro di recentissima pubblicazione che raccoglie il prezioso lavoro di alcuni nostri soci, a cura di Elena Simonetta, ex consigliera AISTED.

Questo libro nasce con lo scopo di presentare al lettore gli esiti dei traumi incidentali e di attaccamento in età evolutiva. Questi esiti riguardano la frammentazione difensiva del cervello e le conseguenze di questa frammentazione che viene chiamata dissociazione strutturale. 
Molti di questi esiti sono conosciuti con altre denominazioni o descrizioni, ma in questo libro cerchiamo di far riconoscere la complessità post-traumatica di alcuni dei più noti comportamenti infantili o adolescenziali. 
Molti comportamenti esito di trauma possono essere erroneamente attribuiti allo spettro autistico; da qui nascono gli errori diagnostici che spesso vedono bambini traumatizzati diagnosticati come autistici. Tra i due funzionamenti vi sono in effetti alcune apparenti similitudini, ma soprattutto profonde differenze. 
Inoltre, sono presenti delle pagine che illustrano quali modalità terapeutiche e quali modalità curative applicabili possano contribuire alla soluzione dei problemi dissociativi, o almeno, fornire indicazioni per riconoscere e alleviare gli esiti più dolorosi e socialmente non adeguati.

Autori dei capitoli: Elena Simonetta, Paolo Calini, Roberta Frescot, Stefania Martignoni, Simona Beatrice, Diomira Neri.

Casa editrice ALPES.

ESTD 2024: Approfittate dello sconto per la conferenza ESTD 2024!

ESTD2024

Gentili Colleghe e Colleghi,

siamo lieti di invitarvi a partecipare al Congresso ESTD 2024, che si terrà dal 10 al 12 ottobre 2024 presso l'International Congress Centre di Katowice, in Polonia

Il titolo del congresso è: Dalla diagnosi al trattamento: riconoscere i traumi complessi e la dissociazione. Pertanto, l'evento si concentrerà sull'esecuzione di una valutazione clinica completa dei pazienti con trauma complesso e dissociazione, sui dilemmi diagnostici, sulla pianificazione del trattamento e sugli interventi. 

Scegliete la vostra forma di partecipazione

  1. Partecipazione di persona: incontratevi di persona a Katowice e godetevi il contatto diretto con i relatori e i partecipanti.
  2. Partecipazione online: partecipate da qualsiasi parte del mondo utilizzando la nostra piattaforma online.

Registrazione e quote di partecipazione

Per garantire il vostro posto al Congresso, registratevi il prima possibile e scegliete il metodo di pagamento più conveniente: carta di credito, PayPal o bonifico bancario.

I dettagli sui prezzi e sulla procedura di registrazione sono disponibili sul nostro sito web estd2024.com.

Informazioni sui codici sconto

Codice sconto: AISTED2024

Lo sconto è riservato alle prime 30 persone che si registrano utilizzando il codice. I codici sconto sono validi fino al 10 settembre 2024. Lo sconto è del 10%.

  1. Inserire il codice nel modulo di pagamento nel campo “DISCOUNT CODE” e fare clic su “USE”.
  2. L'importo nel campo “TO PAY” calcolerà automaticamente lo sconto. 
  3. Selezionare quindi il metodo di pagamento e fare clic su “REGISTER AND PAY”

REGISTRATI ORA

Attaccamento traumatico: facciamo chiarezza

Durante il seminario di febbraio con Benedetto Farina abbiamo molto parlato di attaccamento traumatico, argomento di cui molto si parla, utilizzando termini diversi, e su cui sembra esserci molta confusione e poco accordo sia fra i clinici si afra i ricercatori.

In questo interessante articolo, che vi consigliamo di leggere, il nostro socio Andrea Zagaria cerca di fare un po' di chiarezza sull'argomento.

 

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LEGGI "Attaccamento traumatico: facciamo chiarezza" di Andrea Zagaria

INTERVISTA A SANDRA BAITA

La nostra presidente Annalisa Di Luca intervista Sandra Baita, Sandra Baita, psicologa e psicoterapeuta, che lavora da oltre 25 anni a Buenos Aires nell’ambito della cura ai bambini vittime di abusi, maltrattamenti e grave trascuratezza.

Intervista a Sandra Baita

 

Ospite a Venezia come relatrice al Corso Internazionale “Nuove Frontiere nella Cura del Trauma” , giunto alla sua dodicesima edizione, Sandra Baita è stata da poco eletta come membro del Consiglio Direttivo della nostra associazione madre, ESTD.

VEDI QUI L'INTERVISTA!

 

ESTD 2024 - IX Congresso Internazionale ESTD

IX Congresso Internazionale ESTD

"DALLA DIAGNOSI AL TRATTAMENTO. RICONOSCERE IL TRAUMA COMPLESSO E LA DISSOCIAZIONE"

10-12 Ottobre 2024

Katowice - POLONIA

IX Congresso Internazionale ESTD

Carissime socie e carissimi soci AISTED,

come forse molti di voi sapranno, ad ottobre si terrà in Polonia il IX Congresso Internazionale ESTD, la nostra Associazione madre.

Siamo felici di annunciarvi che sarà disponibile per i partecipanti la TRADUZIONE SIMULTANEA IN ITALIANO per una parte delle presentazioni!

Motivo in più per partecipare a questo interessantissimo congresso che vedrà la partecipazione dei maggiori esperti internazionali di trauma e dissociazione!

Trovate tutte le informazioni sul sito del congresso: www.estd2024.com

Condividiamo con voi la presentazione al congresso del Presidente ESTD prof. Igor Pietkiewicz.

 

Cari membri dell'ESTD e tutti coloro che sono interessati al campo del trauma e della dissociazione!

Siamo lieti di annunciare il 9° Congresso Internazionale ESTD , che si terrà dal 10 al 12 ottobre 2024  a Katowice, in Polonia. Il titolo del congresso è: Dalla diagnosi al trattamento: Riconoscere il trauma complesso e la dissociazione. Pertanto, ci concentreremo sulla valutazione del trauma complesso e della dissociazione, sui dilemmi diagnostici, sulla pianificazione del trattamento e sugli interventi terapeutici, nonché sui nuovi approcci alla terapia del trauma complesso. Oltre a interessanti workshop e presentazioni principali, diamo il benvenuto a documenti e poster dei partecipanti che desiderano presentare le loro ricerche o descrizioni di casi clinici. Nel programma sono incluse anche sessioni di panel per ricercatori emergenti e operatori sanitari.

I partecipanti al congresso avranno anche la possibilità di incontrarsi ad una cena sociale e iscriversi a tour intorno a Cracovia e Katowice, vedere l'architettura industriale unica di “Nikiszowiec” e il museo della Slesia. Katowice è anche vicina al sito storico che commemora l'Olocausto: il campo di concentramento nazista di Auschwitz (Oświęcim in polacco). Coloro che desiderano visitare questo luogo di genocidio e rendere omaggio alle sue vittime avranno l'opportunità di partecipare a un tour di gruppo.

Il Congresso sarà organizzato in forma ibrida, il che significa che si potrà partecipare in loco o virtualmente, tramite una piattaforma online.

Il Presidente dell'ESTD,
prof. Igor Pietkiewicz, Ph.D.

 

SEMINARIO ANNUALE "La clinica dell'attaccamento traumatico" con Benedetto Farina

Seminario Farina

 

Seminario Farina 2024

 

Difficile riassumere questi due giorni di studio e confronto con Benedetto Farina che ha tenuto per i nostri soci il seminario “la clinica dell’attaccamento traumatico”.

La riflessione è partita dalla storia relativamente recente del trattamento trauma in Italia che ha visto fiorire negli ultimi anni una crescente quantità di approcci e tecniche; allo stato attuale è però chiaro a tutti il bisogno di mettere a fuoco alcuni aspetti della clinica del trauma che rischiano di portare a semplificazioni riduttive e confusione nell’uso di alcuni termini, come quello di dissociazione, sui cui il dibattito è ancora aperto.

La strada per il confronto che Benedetto Farina ha tracciato è stata ricca di ricerche sulla neurobiologia del trauma e analisi di dati scientifici in cui si evidenzia come il fattore di rischio per lo sviluppo di politraumatizzazione sia il neglect che rappresenta il 75% delle forme di maltrattamento infantile (the Child Maltratment Report, 2019).

In queste due giornate di incontro tra ricerca e clinica si è riflettuto sul concetto di attaccamento traumatico, non come diagnosi clinica, ma come condizione patogenetica generale che dovrebbe essere preso in considerazione dai clinici perché peggiora la prognosi e rende la terapia molto più difficile a causa dell’ implicito che si muove nella relazione terapeutica.

La discussione è stata ricca e veramente nutritiva, anche sul tema caro ad AISTED: la dissociazione. É una definizione utilizzata per indicare fenomeni diversi di cui è bene conoscere a fondo le differenze e i processi, anche per individuare l'intervento terapeutico più adatto.

I soci AISTED possono trovare nell'area riservata il materiale che Benedetto Farina ha condiviso durante il seminario e ha messo a nostra disposizione.

Su State Of Mind potete anche trovare un articolo di report dal seminario!

 

ASSOCIATI AD AISTED APS!

iscrizioni

 

E' partita la nuova campagna iscrizioni alla nostra Associazione, rinnovata in AISTED Aps.

Solo per quest'anno, nel passaggio formale da AISTED ad AISTED Aps, anche coloro che sono già soci dovranno inviare il nuovo  modulo compilato, che trovate in allegato, con i propri dati a segretario@aisted.it per completare l'iscrizione, corredato delle ricevute dei versamenti ad AISTED Aps ed ESTD.

Trovate tutte le informazioni alla nostra pagina ASSOCIATI!

Prendete nota del nuovo IBAN!!!

 

25 novembre 2023: la giornata per il contrasto alla violenza sulla donna tra IDEALIZZAZIONE DIGITALE, FRAMMENTAZIONE E MULTIDISCIPLINARITA’

 

occhio

 

di C. Bellardi e A. Di Luca

 

Davanti al ripetersi dei femminicidi come dentro a dei copioni, si rimane scioccati e inermi. Anche come clinici non rimaniamo indifferenti e molte domande iniziano ad affollare i nostri pensieri e come schegge compaiono tante riflessioni e punti di osservazione, circa le variabili che possono incidere e costruire l’humus in cui poi attecchiscano le dinamiche violente. Molte cose si sono lette, ma vorremmo aprire una riflessione, dando voce alle tante domande, anche impegnative, cercando di guardare anche alle polarizzazioni.

 

E’ legittimo domandarsi se la sovra-esposizione ai social costituisca un catalizzatore per la proliferazione di profili idealizzati e irraggiungibili? 

Andando oltre le ricerche evidence-based, potrebbe aiutare il recupero dell’approccio multidisciplinare delle scienze umane, nel tentativo di comprendere e accettare  gli aspetti più insondabili della psiche umana? 

Una maggior consapevolezza della parzialità e della “situatezza” delle narrazioni potrebbe aiutare a decodificare meglio il fenomeno? 

Ci si potrebbe domandare, in una prospettiva trauma-informed, se anche le professionalità del settore mediatico, e non solo, siano in qualche modo allineate alla narrazione del pre e del post delitto, nelle immagini e nelle parole usate,  mostrando dapprima l’assonanza di cromie e interessi per in seguito focalizzarsi sulla truculenza dei dettagli con relativi approfondimenti diagnostici ex post

Ci domandiamo se possa aiutare soffermarsi sulla comunicazione di questo sui social, sulla galvanizzazione della idealizzazione, sull’insostenibilità dei modelli proposti e sulla conseguente “re-azione scomposta”… 

Ci si potrebbe domandare se una lettura multidisciplinare e polifonica anche su questo, potrebbe contribuire ad integrare i frammenti esistenziali e ad imbastire delle rappresentazioni più integrate e realistiche di sé e dell’altra persona.

Ci si chiede, quindi, se il moltiplicarsi di profili social nei quali si alimenta l’illusione che tutto sia velocemente possibile ed altrettanto repentinamente emendabile, non abbia un ruolo importante anche nella violenza domestica. L’entropia e la contraddittorietà dei modelli proposti sui social contribuisce ad aumentare un disagio più o meno consapevole, che può spaziare dalle nuove dipendenze, ai problemi identitari, ai tristemente noti copioni di “relazioni asimmetriche”. 

Ci si interroga se non valga la pena integrare il binarismo dei rigorosi criteri della ricerca evidence-based, per accogliere anche riflessioni che vengono da altri ambiti meno mainstream, ma che appartengono all’immaginario. 

Chi sono? A chi appartengo? Che progetto ho? Sono i quesiti fondamentali per lo sviluppo della persona che si trovano immersi in un mare magnum di tutto e il contrario di tutto, citando tra gli altri il gettonatissimo discorso “cara donna, ci si aspetta che tu lavori come se non fossi una mamma e che tu sia una mamma come se non lavorassi”. 

Ci si potrebbe chiedere come questo ad oggi impatti anche nella coppia, all’interno della quale in seguito alla contrazione degli organizzatori kantiani di spazio, tempo libertà, anche per la Sars-Covid19, molte persone, in sofferenza, si sono tuffate alternativamente in un ancor più intenso disinvestimento o iper-investimento in ambiti esistenziali (approfondimenti, corsi, hobby, cura del corpo, cura della crescita spirituale, impegno sociale).

Ma quando si rallenta e si fanno i conti con il sé reale e il proprio bagaglio di limiti e risorse, cosa succede? 

Potrebbe essere che in caso di queste molteplici attività, sovraccarichi, si esca dalla finestra di tolleranza e riemergano “vecchi modelli patriarcali consolidati” dichiaratamente rinnegati? 

E’ possibile che faccia capolino un ingestibile senso di impotenza davanti al progressivo disgregarsi dei profili social? E’ possibile che ad un certo punto, al di là delle narrazioni e dei like dichiarati, in interiore homine si assista ad una rarefazione dei diritti e delle dichiarazioni postate perché non interiorizzate fino in fondo? E’ possibile che in certi momenti emergano aspetti ferini che tentino di ripristinare lo status quo ante ideale? 

E’ possibile che stiamo seguendo l’agenda-setting, privilegiando il ruolo del detective a scapito di una riflessione più ampia? 

E’ possibile che questa progressiva rarefazione dei diritti reali sia in qualche modo manutenuta da un brodo di coltura al cui odore ci si assuefà? 

Può essere che esista una specularità tra la pixelizzazzione degli ideali e le incapacità integrative dei soggetti? C’entra quindi l’idealizzazione digitale con i femminicidi? Ci si torna a domandare quindi se la sovraesposizione ai social possa in qualche modo amplificare un’idealizzazione insostenibile. Ed allora come in un vortice di domande, ci si torna a chiedere se l’identificazione con profili social ideali e l’inevitabile scontro con l’esame di realtà possano contribuire a manutenere la cornice culturale potenzialmente esplosiva per la condizione femminile. Già Platone con il mito della caverna ci parlava della distanza dall’ideale. Sempre Platone ci parlava del potere dell’anello di Gige che rendeva invisibili e permetteva quello che non si poteva fare da visibili. Ci si domanda se, parallelamente alla cornice culturale più fruita da secoli, non possa essere utile integrarla in maniera più polifonica, con voci anche di donne che nei secoli hanno tentato di raccontare come, spesso, nelle situazioni divergenti si sia provveduto ad un ritorno al passato, all’”ortodossia” del modello noto. Potremmo rileggere Olympe de Gouges che nel 1971 scrive la Dichiarazione universale dei diritti della donna e della cittadina e nel 1973 viene ghigliottinata, “per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso”. 

E’ possibile che accada qualcosa di simile alla rana di Chomsky, che gradualmente finisce bollita senza accorgersene? Lo stesso fenomeno viene narrato in termini di apprendistato alla sottomissione da parte di Ernaux, Nobel per la letteratura nel 2022, nel suo libro La donna gelata. La storia, la letteratura la musica e la cronaca ci insegnano tra roghi, lapidazioni, e volti velati che la “libertà di” e la “libertà da” sono ancora da conquistare e consolidare. Basti pensare all’Equal Pay Day del 10 Novembre, nella quale si dimostra che il guadagno di una donna è di 86 centesimi a fronte ad un euro guadagnato dagli uomini. Basti pensare a testi di musica trap, sovrapponibili a letture scolastiche relative all’anno Mille: «Niente, vedo che questo muro aveva un buco, allora ne ho approfittato. E dopo il muro quante altre donne hai avuto?».  Basti pensare all’invisibilità del lavoro di cura e al privilegio dell’irresponsabilità del lavoro di cura di cui parla Joan Tronto. Ci si chiede se, al di là della corretta ricerca della evidenza scientifica, potrebbe aiutarci a comprendere questi fenomeni di entropia domestica, attingere anche da altre discipline, recuperando la dimensione originaria degli studi sulla psiche umana e aiutando la presa di consapevolezza delle persone. 

Concludiamo le tante domande che auspichiamo possano essere percepite come spunti di riflessione, riportando tre citazioni di Virginia Woolf tratte da Una stanza tutta per sé che in qualche maniera riassumono questo movimento che va dalla frammentazione alla restitutio ad integrum della persona attraverso l’integrazione cercando di ricordare a noi stessi che nessuno di noi può dirsi indenne dal continuo rapporto con la cultura del suo tempo.

 

 

“L’anonimità che “scorre nel sangue” del corpo femminile è negazione non tanto del nome del proprio corpo, quanto del corpo del proprio nome”. 

“La donna, questo «strano mostro», «questo verme dalle ali d’aquila» splendente nel non luogo della poesia maschile quanto umiliata nella vita quotidiana”.

“Poiché l’essere umano è così fatto che il cuore, il corpo e il cervello stanno tutti insieme e non rinchiusi in compartimenti isolati”.

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • AA.VV., Il sessismo nella lingua italiana. Trent’anni dopo Alma Sabatini. Blonk Editore, 2017
  • Beccalli B., Martucci C. (a cura di), Con voci diverse. La tartaruga edizioni, Milano 2005
  • Casadei T., Milazzo L., (2021), Olympe de Gouges. Donne, schiavitù, cittadinanza. Edizioni ETS, Pisa
  • Chomsky N., (2014), Media e potere. Bepress Edizioni, Lecce
  • Erneaux A., (2021), La donna gelata. L’orma editore, Roma
  • Folbre N., Who pays for the kids?. Gender and the Structures of constraints. Traylor & Francis ltd., 1994.
  • Gilligan C., Con voce di donna. Etica e formazione della personalità. Feltrinelli, Milano, 1991.
  • Maestroni V., Casadei C., (a cura di), (2022), La dichiarazione sovversiva . Olympe de Gouges e noi. Mucchi Editore, Modena
  • Hill Collins P., Black feminist Thought. Knowlwdgw, consciousness and the politics of empowerment. Routledge, New York, 1991.
  • Young I. M.., Le politiche della differenza. Feltrinelli, Milano, 1996.
  • Kittay, E. F., Love’s labor. Essays on Woman, Equality and Dependency. Francis & Taylor ltd. 2019.
  • Restaino F., Cavarero A., Le filosofie femministe. Paravia, Torino, 1999.
  • Sabatini A., Il sessismo nella lingua italiana. Istituto poligrafico e zecca dello stato, Roma, 1987.
  • Sassaroli et al., Autonomy and Submissiveness as cognitive and cultural factors influencing eating disorders in Italy and Sweden. Europe’s Journal of Psychology, 2015.
  • Tisselli G., (2021), Dalla rabbia alla gentilezza. Mimesis, Milano-Udine
  • Tronto J., Confini morali, Diabasis, Parma, 2006.
  • Woolf V., (2005), Una stanza tutta per sé. Feltrinelli Editore, Milano

Considerazioni del Direttivo AISTED Aps sul caso Foti

 

Caso Foti

 

AISTED accoglie la sentenza che assolve il collega Claudio Foti dalle precedenti accuse con un senso di gioia e sollievo.
 

Questa assoluzione inizia a fare luce su una vicenda complessa, confusa e confondente. Accanto alle fasi di indagine e al processo svolto nelle aule di giustizia, è andato in onda sui media un più articolato e violento processo, quest’ultimo senza tutte le regole dell’esercizio della legge, qui non è prevista l’inammissibilità delle prove tutte rese credibili dalla narrazione.
 

Come traumatologi non può passare inosservata la violenza della disputa a cui abbiamo assistito: è in linea con la violenza che la traumatizzazione provoca ad ondate nella società, in cui la sensazione di pericolo di fronte all'orrore di alcune storie, porta a inevitabili ed estreme polarizzazioni emotive che muovono in un continuum dalla negazione della violenza all'iperidentificazione con le vittime, (come Judith Herman ci insegna) alla ricerca di un colpevole perdendo comunque la capacità di osservare gli eventi nella loro interezza e analizzarli da più vicino con la necessaria calma e lucidità.

Ora calma e lucidità sono arrivate e di fronte ad una sentenza giusta e rispettosa del lavoro del collega, siamo ancora più consapevoli della paura e della sfiducia che questo attacco mediatico ingiusto ha prodotto nella nostra rete professionale e nella società.

Una comunicazione che ha finito per alimentare lo stigma verso la salute mentale e verso l'idea della totale fragilità e malleabilità della mente umana e del suo possibile condizionamento in un periodo dove il bisogno di cura psicologica è percepito come urgente.

 

Cogliendo l’occasione di questa vicenda, quando si opera a contatto con esperienze sfavorevoli infantili in scenari traumatici e dissociativi, ci sono alcune cose da tenere bene a mente:

 

-E’ importante ricordare che la responsabilità della cura è sempre una responsabilità collettiva: il singolo terapeuta può fare la sua parte e scegliere gli strumenti migliori in suo possesso per svolgere al meglio e in scienza e coscienza il suo lavoro, ma questo deve avvenire in un sistema sanitario e giuridico capaci di comprenderne il ruolo e riconoscerne le specificità.

 

-E’ importante tenere a mente che molto frequentemente sono situazioni che rimandano a ipotesi di reato; essere attori, anche non protagonisti, della scena del trauma comporta rischi (e costi) ad intervenire così come a non intervenire, a tutti i livelli: individuale, personale, societario. E’ importante, questa sentenza ce lo dimostra, riaffermare il valore sociale della giustizia per ognuno di noi, specialmente per chi si è trovato ad essere vittima di violenza.

 

-E’ importante conoscere le linee guida nazionali e internazionali e il valore di non essere soli, ma in una rete di colleghi(meglio se formati o esperti) con cui restare in un confronto continuo, aperto sulle proprie difficolta di operatori e sulle sfide cliniche che questo ambito impone.

 

-E’ necessario e fondamentale avere chiaro che di fronte a esperienze di vita traumatiche come una violenza subita, la mente umana per garantire la sopravvivenza, debba o possa dissociarsi. Essere a conoscenza di come la dissociazione possa avvenire e di come, anche all’interno di percorso terapeutico, il dolore intenso che può riaffiorare, può terrorizzare nuovamente: riconoscere e accettare l'orrore subito può essere un'esperienza che continua a spaventare e da cui voler prendere le distanze anche nel qui ed ora. Il terapeuta che lavora con trauma e dissociazione entra a contatto con tutto questo orrore.

 

-E’ necessario diffondere ed assumere una cultura allargata "trauma dissociative informed" a tutti i livelli che attraverso un linguaggio accessibile possa fornire delle lenti per osservare e riflettere su quanto accade, per dare dignità alla sofferenza e voce a chi non può parlare e difendersi (i minori), a chi spesso ancora non viene creduto perché piccolo e troppo suggestionabile o perché le istituzioni, ad esempio la scuola in questo momento, non riescono a tenere nella mente la complessità di ciò che accade.

 

-E’ necessario un sistema giustizia informato sul funzionamento traumatico, per meglio comprendere e operare. Il rischio di sbagliare c'è e va considerato alto in un lavoro così complesso, soprattutto entrando spesso in sistemi familiari altamente disfunzionali in cui si può facilmente restare invischiati, ma gli strumenti per lavorare bene ci sono e condivisi dalle più note associazioni italiane e internazionali.

 

AISTED vuole cogliere l’occasione per mettere in evidenza questi punti di attenzione. Il nostro è un lavoro prezioso e complesso. Per questa ragione abbiamo da sempre portato avanti gruppi di confronto e crescita professionale interni, nazionali e internazionali.

AISTED s’impegna nella raccolta e nella diffusione delle best practice e delle evidenze scientifiche più recenti, anche in uno dei campi più delicati e gravosi: la prevenzione, la tutela, la diagnosi e la cura della traumatizzazione precoce e complessa e il funzionamento dissociativo in età evolutiva. 

AISTED continuerà a lavorare per poter essere un costante punto di riferimento anche in questi momenti complessi, per supportare tutti, le vittime ma anche coloro coinvolti in lavori così difficili, siano essi sul campo o nel ruolo di vigili. 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Herman, J.L. “Guarire dal trauma. Affrontare le conseguenze della violenza, dall’abuso domestico al terrorismo”, Magi Edizioni 2005.
  • Herman, J.L. “Truth and Repair: How Trauma Survivors Envision Justice”, Basics Books, 2023.

Recensione: Conversazioni con Giovanni Liotti su Trauma e Dissociazione

Conversazioni con Giovanni Liotti

"Conversazioni con Giovanni Liotti su Trauma e Dissociazione"

a cura di Cristiano Ardovini, Cecilia La Rosa, Antonio Onofri

Edizioni ApertaMenteWeb 2023

 

di Camilla Marzocchi, Consigliera AISTED

 

Ultimo arrivato nella nostra Bibliografia Essenziale di Psicotraumatologia, "Conversazioni con Giovanni Liotti su trauma e dissociazione" risulta un dono speciale per tutti i terapeuti esperti o che vogliano avvicinarsi alla psicotraumatologia, un dono perché gli autori si sono dedicati con perizia e cura ad un corposo lavoro di raccolta di materiali personali, appunti, interviste, trascritti di lezioni e supervisioni, per offrire al lettore un dialogo diretto con Giovanni Liotti, a ormai cinque anni dalla sua morte, rendendo fruibile il suo pensiero e soprattutto la sua dialettica e apertura inconfondibili.

Per chi ha avuto l'onore di assistere alle lezioni di Liotti, la lettura scorre veloce e appassionata proprio come le sue lezioni, con qualche sorriso e molta nostalgia, ma lasciando l'attenzione incollata alle parole che affiorano dalla sua viva voce, insieme alla consueta e inarrestabile velocità del pensiero e delle riflessioni di ampio respiro che permettono di spaziare dalle neuroscienze alla letteratura, dalla fisiologia alla pittura, mantenendoci però ben saldi allo sguardo clinico sempre centrato alla chiave di lettura a lui cara: identificare la psicopatologia della dissociazione attraverso le più svariate e complesse esperienze di umana sofferenza. Per chi non avesse mai avuto la possibilità di un incontro diretto con Giovanni Liotti, questo libro è certamente un'occasione preziosa da cogliere, ricca di spunti storici e riflessioni sulla nascita del suo pensiero, digressioni sulle diverse fasi storiche che la ricerca sulla psicopatologia del trauma e della dissociazione ha attraversato, il tutto arricchito da molti inserti e note degli autori che permettono anche ai lettori meno esperti di orientarsi nel testo e di integrare le informazioni e le citazioni essenziali che scorrono densissime nel dialogo-intervista.

Il testo è organizzato in tre parti tra loro complementari e interconnesse.

La Prima parte si focalizza su Psicopatologia e Dissociazione, offrendo un'ampia riflessione sulle basi del pensiero liottiano: la definizione di trauma dello sviluppo, la disorganizzazione del sistema di attaccamento legato all'esposizione ad eventi sfavorevoli e traumatici nella prima infanzia, il sistema di difesa come organizzatore centrale dell'esperienza del bambino, in assenza di aiuto e protezione, e la dissociazione come effetto di questi fallimenti nel ripristino di condizioni sufficienti di sicurezza. La disgregazione della coscienza che ne consegue configura la dissociazione come un effetto diretto (e non difesa!) del collasso di tutte le altre risposte di sopravvivenza. Questa inaccessibilità al sistema di attaccamento/accudimento è per Liotti sempre la causa primaria alla base di tutta la psicopatologia post-traumatica e in particolare della psicopatologia legata ai traumi cumulativi (trauma complesso), poiché per un bambino non c'è trauma se intervengono protezione e salvezza da parte delle figure di riferimento e non c'è disorganizzazione della coscienza se quel bambino, pur esposto a condizioni di pericolo di vita, può accedere tempestivamente alle cure e al sistema di accudimento di almeno un adulto centrato e capace di sintonizzarsi con i suoi bisogni primari. Per ogni bambino un evento di minaccia seguito immediatamente da un'esperienza efficace di sintonizzazione e sicurezza resta un brutto ricordo di un pericolo scampato, ma non necessariamente un trauma. In estrema sintesi questi assunti guidano tutto il pensiero di Liotti, orientato a valorizzare - nella ricerca come nella clinica - la necessità di riparare alla frattura originaria della coscienza, che non è mai determinata (solo) dal trauma, inteso come evento di minaccia alla vita, ma dalla concomitante assenza di una connessione sicura e protettiva capace di offrire aiuto e supporto. Questa assenza può manifestarsi a causa di un caregiver spaventoso/spaventante o trascurante (neglect), ma anche di un caregiver presente ma abdicante, condizione quest'ultima particolarmente dolorosa e difficile da riconoscere poiché il caregiver c'è ma è assorbito da altro, dalle sue stesse emozioni o sopraffatto da altri problemi all'interno e non è emotivamente disponibile.  Liotti definisce "la solitudine in presenza" come una condizione irredimibile, peggiore dell'assenza in cui è ancora possibile e accessibile il tentativo di raggiungere l'altro.

Ognuna di queste condizioni relazionali è foriera, in ogni bambino che si trovi a sperimentarla, di un blocco del naturale sistema di attaccamento di fronte a quella che si configura come una situazione emotiva "senza via di uscita" (paura senza sbocco): il bisogno di protezione attiva naturalmente il sistema di attaccamento verso il caregiver, che si rivela del tutto inadeguato - se non addirittura minaccioso - nell'offrire cura e conforto. Dunque nell'impossibilità fisiologica di lottare o fuggire quel bambino dovrà sopperire alla mancanza di protezione con strategie controllanti verso il caregiver - accudenti o punitive - che gli consentiranno (forse) di avere quel minimo di contatto sufficiente a garantirsi la sopravvivenza in un ambiente ostile e per recuperare un senso di padronanza di sé (appena) sufficiente a non scivolare nel collasso generale delle strategie di difesa (crollo dorso vagale), che significherebbero altrimenti svenimento (morte apparente) e quindi dissociazione. Queste ultime manifestazioni potranno restare silenti nel sistema nervoso, inibite dall'attivazione delle strategie di controllo, ma prima o poi tenderanno a manifestarsi, spesso anche a distanza di anni, di fronte al fallimento delle stesse strategie controllanti (as esempio: in caso di lutto, malattia, separazioni).

Da qui la nascita dei presupposti clinici che aprono alla Seconda parte del testo: Clinica della Dissociazione, in cui l'alleanza terapeutica e la stabilizzazione costituiscono i meccanismi centrali del lavoro terapeutico proposto, preliminari ad un lavoro solo successivo sull'Elaborazione delle memorie traumatiche e possibilmente poi di Integrazione.

Lavorare sull'alleanza, dal punto di vista evoluzionistico, vuol dire per Liotti lavorare principalmente (e continuamente!) con l'attivazione del sistema cooperativo nel terapeuta e nel paziente, cercando di inibire, regolare o reindirizzare ogni attivazione del sistema di accudimento (del terapeuta) e di attaccamento (del paziente), poiché in situazioni di disorganizzazione dell'attaccamento tali sistemi risultano "avvelenati" (cito testualmente) dalle esperienze sfavorevoli e quindi non più accessibili in un modo sicuro, anche a fronte di nuove condizioni di sicurezza e conforto come quelle che possono crearsi in terapia. Dunque il dialogo clinico deve essere costantemente orientato all'osservazione cooperativa di quello che emerge nell'esperienza del paziente, attraverso una "sintonizzazione paritaria", cioè in cui ognuno ha pari dignità nel proprio specifico punto di osservazione, seppur nei diversi ruoli, e in grado di stimolare gradualmente la curiosità del paziente verso la sua stessa esperienza interna. Grave sarebbe per il terapeuta cadere in atteggiamenti eccessivamente compassionevoli o accudenti, sebbene siano sentimenti umani e frequenti a fronte di storie traumatiche spesso cariche di tragicità, ma il faro guida è e deve restare evitare il sistema di attaccamento avvelenato e stimolare il sistema cooperativo per "lavorare insieme" sui sintomi, sul passato e sulla eredità delle esperienze sfavorevoli infantili. Questa raccomandazione è ricorrente in tutto il testo, con la forza delle basi neuroscientifiche e la forza della sua stessa esperienza clinica di lavoro con pazienti gravemente traumatizzati, che viene molto chiaramente trasmessa attraverso numerosi aneddoti e vignette cliniche preziose per il lettore. Tra le molte riflessioni, attenzione particolare viene dedicata alla primaria necessità per i terapeuti di confrontarsi con il sentimento dell'impotenza (helplessness), prima di ogni altro intervento clinico. Se c'è stato un trauma e se il trauma si verifica quando c'è fallimento dell'attaccamento e il conseguente collasso del sistema di difesa del bambino, allora c'è sempre stata anche l'esperienza sentita (felt sense), nel corpo e nella mente, di uno stato di sopraffazione e impotenza totali (con attivazione del vago dorsale), esperienza che può essere solo parzialmente compensata con le strategie controllanti (almeno finché funzionano), ma che resta "sotto pelle" nel sistema nervoso e riaffiora in molte diverse forme nell'esperienza attuale del paziente: la derealizzazione e la depersonalizzazione sono esperienze che nascono dall'antica impotenza vissuta e che generano di nuovo impotenza nel presente, poiché sono sintomi che il paziente vive come incontrollabili e inquietanti e questo è il primo aspetto su cui basare l'intervento sull'alleanza terapeutica. Il sentimento di impotenza può manifestarsi ancora di fronte alla continua attivazione di flashback e intrusioni somatiche, sintomi di conversione e paralisi improvvise, perdite e anestesie sensoriali, pensieri ricorrenti e negativi su di sé come l'essere "senza speranza" o "definitivamente danneggiati". L'impotenza verso le difficoltà relazionali e la fatica di leggere le emozioni e i comportamenti degli altri senza adeguate capacità di mentalizzazione e comprensione. Ogni manifestazione di impotenza va affrontata sin da subito in terapia proprio per alimentare l'alleanza, sempre cooperativa!, e favorire la comprensione dell'esperienza soggettiva del paziente in una cornice di senso e soprattutto di sicurezza e assenza di giudizio. Gli interventi di psicoeducazione e normalizzazione sono preziosi alleati di questa fase, così come le tecniche topdown e bottomup di regolazione emotiva, che possono offrire al paziente un crescente senso di padronanza sulle proprie emozioni difficili. Di nuovo, tutte queste strade vanno pensate come modi per guidare il paziente fuori dal proprio senso di impotenza, scritto nel corpo a causa delle esperienza anctiche e rinnovato nel presente attraverso i sintomi più invalidanti. Da questa padronanza e stabilizzazione si parte per esplorare i significati che il paziente ha dato alla sua stessa esperienza fino a quel momento, per co-costruirne di nuovi attraverso la comprensione e l'integrazione di una prospettiva presente. 

Ultima parte, meno sviluppata ma non meno importante, è dedicata a Età evolutiva e altre situazioni cliniche. Con diversi spunti di riflessioni anche sul ruolo del terapeuta nella terapia con i bambini e sui diversi modi in cui la dissociazione può presentarsi nell'infanzia, con particolare attenzione alle manifestazioni somatiche e al ricorso alle metafore che nei bambini possono assumere una concretezza essenziale per leggere e diagnosticare sintomi per loro difficili da descrivere, come la depersonalizzazione. Molti esempi e vignette cliniche aiutano anche qui a dipanare la intricata matassa del lavoro con i bambini traumatizzati, soprattutto alle difficoltà di doversi relazionare in modo diretto e possibilmente cooperativo al loro contesto familiare di appartenenza, tematica che ha non poche implicazioni e difficoltà per ogni terapeuta che lavori in questo ambito.

Lo scorrere delle pagine è accompagnato da continui riferimenti, aneddoti e confronti con clinici esperti, italiani e internazionali, che ci parlano di un fermento e di una ricchezza di scambi dagli anni 60 ad oggi sui temi del trauma e della dissociazione, di cui Giovanni Liotti è stato autorevole e indiscusso protagonista e che lascia a noi la complessa opera di studio, approfondimento e scoperta, per un tema che è ancora molto da esplorare e difendere, ma su cui le neuroscienze continuano e continueranno a segnalarci la strada da seguire.

 

DISPONIBILE LIBRO CON ECM SU APERTAMENTE WEB! 

 

  • Ardovini C, La Rosa C., Onofri A. (2023) Conversazioni con Giovanni Liotti su trauma e Dissociazione (VOLUME 1), Ed. ApertaMenteWeb Info e dettagli: https://www.apertamenteweb.com/product/7609/

STABILIZZAZIONE - Navigare in sicurezza le onde del trauma - Capitolo 7

Capitolo 7

Il contributo delle pratiche Mindfulness nella fase di stabilizzazione dei sintomi post-traumatici

di Martina Stagi

 

Capitolo 7

 

La pratica della consapevolezza

è sintonizzarci col desiderio del nostro cuore.

M. Hookham

 

Cosa si intende per Mindfulness?

Il termine mindfulness o consapevolezza non discorsiva, significa prestare attenzione al momento presente in modo intenzionale e non giudicante.

La sua introduzione in occidente e la sua ampia diffusione si deve al lavoro pionieristico di Jon Kabat-Zinn, che alla fine degli anni ‘70 elaborò un protocollo di gestione dello stress (MBSR) fondato su pratiche meditative di antica tradizione buddhista, ma adattate al contesto della medicina comportamentale.

Da allora disponiamo di diversi interventi strutturati basati sulla mindfulness, che si offrono alla validazione scientifica e di numerosi studi, che ne confermano l’utilità nel trattamento di un’ampia gamma di disturbi mentali e fisici. L’idea di base di questi interventi è che la consapevolezza sia un’abilità innata del nostro cervello, che può essere rafforzata attraverso interventi specifici.

Gli studi che hanno indagato l’efficacia degli interventi mindfulness-based nel trattamento del disturbo post-traumatico da stress e dei disturbi dissociativi, hanno mostrato risultati promettenti, ma gli studi sistematici sono ancora poco numerosi. Mi soffermerò, quindi, a descrivere da un punto di vista clinico gli ostacoli che i sopravvissuti potrebbero incontrare nel praticare la mindfulness e cosa può essere fatto per rendere questi interventi centrati sul trauma, in accordo con la letteratura disponibile sul tema.

Nel corso di questo mio contributo vorrei chiarire come il trauma, in particolare se precoce e ripetuto, impatti sulle naturali abilità di mindfulness e come al contempo le pratiche di consapevolezza possano essere un prezioso antidoto agli effetti del trauma. Molti degli interventi di stabilizzazione inclusi in questo ebook possono trovare in essa un terreno capace di valorizzarne l’azione.

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Leggi i capitoli precedenti 

Introduzione

Capitolo 1 - Il ruolo essenziale dell'autocura nella fase di stabilizzazione

Capitolo 2 - Introduzione alla Somatic Experiencing

Capitolo 3 - Stabilizzazione e Confini: mettere paletti per regolarsi

Capitolo 4 - Stili di vita, stabilizzazione e psicoterapia

Capitolo 5 - L'utilizzo dell'abbraccio a farfalla e del tapping per la stabilizzazione

Capitolo 6 - Il respiro: una risorsa a portata di mano

STABILIZZAZIONE - Navigare in sicurezza le onde del trauma - Capitolo 6

Capitolo 6

Il respiro: una risorsa a portata di mano

di Laura Fino

Capitolo 6

 

Il respiro è il ponte che collega la vita alla coscienza,

che unisce il corpo ai nostri pensieri.

Ogni volta che la vostra mente si disperde,

utilizzate il respiro come mezzo

per prendere di nuovo in mano la vostra mente

(Thich Nhat Hanh)

 

Nella stabilizzazione il respiro è una risorsa importante, trasversale a diverse discipline: troviamo infatti moltissimi riferimenti al respiro e alle tecniche di respirazione nella psicotraumatologia, nella mindfulness, nello yoga.

La respirazione è una delle poche funzioni corporee involontarie che possono essere modificate in modo volontario e consapevole.

Attraverso la consapevolezza del respiro possiamo imparare a contrastare abitudini limitanti di respirazione e massimizzare quello che il nostro respiro può fare per noi come risorsa. Respiriamo 24 ore al giorno, ma per la maggior parte del tempo non ci pensiamo e non ci facciamo caso!

Il respiro ci fornisce una via preferenziale verso il sistema nervoso autonomo.

Nel modo in cui respiriamo risiede l’opportunità di modellare il sistema nervoso verso la sicurezza e la connessione.

Il Sistema Nervoso Autonomo regola il nostro respiro in base ai nostri bisogni metabolici momento per momento. Il respiro è automatico, ma possiamo anche respirare intenzionalmente, andando così a modificare il livello di attivazione del nostro sistema nervoso.

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Introduzione

Capitolo 1 - Il ruolo essenziale dell'autocura nella fase di stabilizzazione

Capitolo 2 - Introduzione alla Somatic Experiencing

Capitolo 3 - Stabilizzazione e Confini: mettere paletti per regolarsi

Capitolo 4 - Stili di vita, stabilizzazione e psicoterapia

Capitolo 5 - L'utilizzo dell'abbraccio a farfalla e del tapping per la stabilizzazione

 

STABILIZZAZIONE - Navigare in sicurezza le onde del trauma - Capitolo 5

Capitolo 5

L'utilizzo dell'abbraccio della farfalla e del tapping per la stabilizzazione

di Sara Ugolini

Capitolo 5

 

Ormai da diversi anni l’EMDR è considerato un intervento evidence based non solo per il trattamento del trauma, ma anche per il trattamento precoce della popolazione “in fase acuta” durante eventi critici nei contesti emergenziali, a seguito di calamità naturali e gravi incidenti.

Secondo le linee guida del 2018 pubblicate dalla International Society for Traumatic Stress Studies (ISTSS) l’EMDR utilizzato in contesti di emergenza contribuisce a prevenire lo sviluppo del Disturbo da Stress Post-traumatico (PTSD) e di altri disturbi psicologici.

La sfida che ci troviamo attualmente a fronteggiare è particolarmente impegnativa in quanto ci troviamo di fronte a un pericolo che è invisibile, ma continuamente presente in mezzo a noi, e che ci porta ad avere preoccupazioni e percezione di minaccia non solo per il presente, ma anche per il futuro.

Di fronte a un livello di stress continuo e persistente è necessario diffondere tra la popolazione e tra gli operatori della salute mentale la conoscenza di strumenti e interventi di stabilizzazione finalizzati alla costruzione della resilienza, con il duplice obiettivo di aiutare a gestire meglio le sofferenza del momento, ma anche di prevenire il consolidarsi di sintomi post-traumatici e ridurre il più possibile la vulnerabilità allo sviluppo di disturbi mentali nel prossimo futuro.

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Introduzione

Capitolo 1 - Il ruolo essenziale dell'autocura nella fase di stabilizzazione

Capitolo 2 - Introduzione alla Somatic Experiencing

Capitolo 3 - Stabilizzazione e Confini: mettere paletti per regolarsi

Capitolo 4 - Stili di vita, stabilizzazione e psicoterapia

STABILIZZAZIONE - Navigare in sicurezza le onde del trauma - Capitolo 4

Capitolo 4

Stili di vita, stabilizzazione e psicoterapia

di Donatella Masante

Capitolo 4

 

Sempre più interesse riscontra in ambito psicoterapeutico l’integrazione del lavoro clinico con il miglioramento degli stili di vita.

Sono numerosi ormai i lavori e le evidenze a favore del fatto che i comportamenti quotidiani messi in atto dalle persone incidano significativamente sulla qualità di vita e sulla loro salute oltre che essere strettamente correlati con il benessere psicologico.

In linea generale si intendono con stile di vita le condotte collegate all’alimentazione, al movimento ed al sonno e più in generale tutte le abitudini che possono aiutarci a vivere meglio, più a lungo, con una ricaduta importante sulla qualità di vita.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che nei prossimi anni a causa di stili di vita non regolari o insani aumenterà il livello di prestazioni sanitarie richieste, nonché un aumento delle patologie correlate allo stress, e una riduzione dell’aspettativa di vita in particolare per coloro i quali sono affetti da obesità, consumano regolarmente fumo e alcool.

Ma quale può essere il senso di far entrare gli stili di vita anche nello studio dello psicoterapeuta?

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Introduzione

Capitolo 1 - Il ruolo essenziale dell'autocura nella fase di stabilizzazione

Capitolo 2 - Introduzione alla Somatic Experiencing

Capitolo 3 - Stabilizzazione e Confini: mettere paletti per regolarsi