Pierre Janet

PIERRE JANET: Il padre della moderna psicotraumatologia

(Da “The Pioneer On Trauma And Dissociation”,  di Onno Van Der Hart & Martin Dorahy)

Il riconoscimento delle osservazioni cliniche di Pierre Janet e del suo modello teorico sul trauma e sulla dissociazione è ormai ampiamente condiviso, soprattutto tra i clinici che si occupano di pazienti sopravvissuti a traumatizzazione cronica. Tra tutti i teorici della dissociazione, Janet ha indubbiamente presentato la mole più importante di dati e osservazioni cliniche sul legame tra “frammentazione della personalità o della coscienza” (cioè meglio descritta come dissociazione) e isteria (cf., Perry & Laurence, 1984; Putnam, 1989a; Van der Hart & Friedman, 1989; Van der Kolk & Van der Hart, 1989). La sua tesi di dottorato “L’automatisme psychologique: Essai de psychologie expérimentale sur les formes inféreures de l’activité humaine” (Janet, 1889), può essere considerata uno scritto storico fondamentale per gli studi sulla dissociazione.

Pierre Janet considerava l’isteria come “una malattia della sintesi personale” (Janet, 1907, p. 332). Con questo intendeva “una forma di depressione, e cioè di riduzione delle capacità integrative, caratterizzata da un restringimento del campo di coscienza e da una tendenza alla dissociazione ed emancipazione di sistemi di pensiero e di funzioni che vanno a costituire l’intera personalità” (Janet, 1907, p. 332). Nella sua definizione di isteria è sottolineata la distinzione tra restringimento del campo di coscienza e la vera e propria dissociazione; in particolare per Janet la prima implica che la persona abbia “nel suo pensiero conscio un numero molto limitato di elementi di realtà” (Janet, 1907, p. 307), mentre nella seconda questi “sistemi di pensiero e di funzioni separati” mostrano un proprio senso del sé, un  proprio range di emozioni e comportamenti. Ancora oggi il tema della inclusione o meno dei sintomi di restringimento del campo di coscienza, come assorbimento e coinvolgimento emotivo, sotto l’etichetta della dissociazione è oggetto di discussione e dibattito scientifico.

La teoria di Janet sottolinea la possibilità di una vulnerabilità genetica alla “malattia della sintesi personale”, ma indica chiaramente come prima causa di questo fallimento integrativo alcune esperienze di vita significativamente negative, quali malattie fisiche, esaurimento e soprattutto emozioni veementi vissute a causa di esperienze traumatiche (Janet, 1889, 1909, 1911). In linea con questa formulazione, i sistemi di pensiero e funzioni che vengono dissociati e separati dall’esperienza cosciente contengono senza dubbio le memorie delle esperienze traumatiche, che inizialmente  Janet descrive come “idee fisse” (Janet, 1894b, 1898). Questi sistemi sono costituiti da “fenomeni psicologici e fisiologici, da immagini e azioni dalla manifestazione multiforme”  (Janet, 1919/25, p. 597). Quando questi sistemi si ri-attivano, i pazienti tendono a “continuare a mettere in atto l’azione, o piuttosto la tendenza all’azione, che è iniziata al tempo del trauma e questo provoca un esaurimento delle loro energie nel presente a causa di questo “perenne rinnovarsi” della tendenza all’azione senza una risoluzione positiva (Janet, 1919/25, p. 663).

Janet descrive come l’esperienza dei pazienti dissociativi alterni continuamente un “sentire troppo” o un “sentire troppo poco” rispetto alle esperienze traumatiche del passato; la dissociazione presenta infatti due fenomeni apparentemente contrastanti: 1) l’incapacità delle persone di richiamare consciamente e volontariamente alla memoria i ricordi traumatici, e 2) la riattualizzazione e ripetizione automatica, inopportuna e irrefrenabile degli stessi ricordi (Janet, 1904/11, p. 528).

Janet (1889, 1904, 1928) osservò che le memorie traumatiche, nella forma delle idée fisse, non solo si possono alternare e sostituire alla personalità abituale, ma possono anche presentarsi come intrusioni alla personalità che vive la vita quotidiana, soprattutto quando l’individuo incontra nel presente stimoli (trigger) che richiamano l’evento traumatico.  Janet ha inoltre attinto dallo studio delle memorie traumatiche per spiegare la differenza tra “stigmate” mentali e “attacchi” isterici (Janet, 1893, 1894a, 1907, 1911; cf., Nijenhuis & Van der Hart, 1999).

Le stigmate mentali sono identificabili come sintomi dissociativi negativi, che riflettono cioè una perdita di funzioni mentali, come amnesia, anestesia o paralisi. Gli attacchi isterici vengono invece considerati sintomi dissociativi positivi che includono intrusioni acute e spesso passeggere come ad esempio dolore, movimenti involontari (tic) e percezioni sensoriali, che si presentano al di là di una completa interruzione (shift) della personalità abitualmente presente nella vita quotidiana. Lo “shift” completo della personalità avviene invece quando una parte differente della personalità del paziente resta completamente immersa nel ricordo dell’esperienza traumatica e la rivive nel presente.

Secondo Janet, più un individuo è traumatizzato più grave sarà la frammentazione della sua personalità: “Il trauma produce perdita di integrazione in proporzione alla sua intensità, durata e ripetizione nel tempo (Janet, 1909, p. 1556). Janet dunque considerava il disturbo da personalità multipla come la forma più complessa di dissociazione e ha notato la presenza di differenze significative nel temperamento, nel funzionamento intellettivo e nella memoria tra le diverse parti della personalità (Janet, 1907). In particolare Janet ha osservato che alcune parti dissociative avevano accesso solo alle esperienze del passato che le riguardavano, mentre altre parti potevano accedere ad un range di ricordi più completo dell’esperienza della persona. Le parti dissociative potevano inoltre essere presenti l’una accanto all’altra o alternarsi tra loro.

In generale Janet riteneva che la dissociazione riguardasse una divisione interna della personalità in “sistemi di idée e funzioni”, ognuno con il suo specifico e proprio senso del sé. Questa definizione non era tuttavia ristretta al solo Disturbo Dissociativo dell’Identità (DDI), ma per Janet era un fenomeno presente anche in molte manifestazioni dell’isteria.

Il modello di cura proposto da Janet (1898, 1911, 1919/25) era un trattamento caratterizzato da tre fasi di lavoro terapeutico:

I - la stabilizzazione e riduzione dei sintomi, con lo scopo di aumentare la capacità integrativa della persona;

II- il trattamento delle memorie traumatiche, con lo scopo di risolvere o completare le azioni fisiche e mentali rimaste incomplete all’interno dei ricordi traumatici;

III – lavoro di integrazione dell’intera personalità, con la risoluzione della dissociazione e la promozione dello sviluppo della futura personalità (Van der Hart, Brown & Van der Kolk, 1989).

Il trattamento trifasico è ancora oggi considerato il protocollo di cura standard per i pazienti con una storia di traumatizzazione cronica, abuso e grave trascuratezza nel corso dell’infanzia. (e.g., Boon & Van der Hart, 2003; Brown, Scheflin, & Hammond, 1998; Courtois, 1999; Herman, 1992; Steele, Van der Hart, & Nijenhuis, 2005; Van der Hart, Nijenhuis, & Steele, 2006).