STABILIZZAZIONE - Navigare in sicurezza le onde del trauma - Capitolo 1

Capitolo 1

IL RUOLO ESSENZIALE DELL'AUTOCURA NELLA FASE DI STABILIZZAZIONE

 di Viola Galleano, Cristiana Chiej

foto capitolo 1

 

Quando si parla di stabilizzazione non si può prescindere dall’introduzione di modalità sane per la cura di sé: le persone sopravvissute a contesti traumatici e di trascuratezza precoci, non hanno interiorizzato un modello di autocura, poiché non hanno sperimentato un buon accudimento da parte dei loro caregiver, non hanno vissuto l’esperienza di riconoscimento e validazione delle proprie esperienze interne, e dunque nemmeno di accoglienza e soddisfazione delle proprie necessità e bisogni.

Questi ultimi possono essere quindi considerati illegittimi ed essere ignorati, svalutati, nascosti o negati. Ciò porta ad una sorta di “incantesimo maligno”, come lo definisce Sandra Baita, in cui le condizioni traumatiche sembrano ripresentarsi ed essere nuovamente sperimentate nel presente. Le persone che non sentono legittime le proprie necessità, e a volte addirittura la propria esistenza, tendono a trascurarsi o a maltrattarsi proprio come lo sono state nella loro storia di vita.

L’introduzione e la promozione di atteggiamenti di cura rivolti al sé non è quindi solo un ripristino di criteri di giustizia umana, bensì un intervento volto ad interrompere la catena di trasmissione dei traumi dell’attaccamento.

Riguarda quindi il nucleo dell’intervento terapeutico: il rapporto della persona adulta con se stessa.

Prima di poter affrontare l’elaborazione dei ricordi traumatici, è necessario sviluppare e rinforzare la capacità di auto-accettazione e cura di sé, per interrompere il ciclo di traumatizzazione e favorire il passaggio dal “sopravvivere” al “vivere”, dal senso di minaccia per la propria integrità e disregolazione del sistema nervoso al concedersi tempo e spazio per la cura e il benessere personale.

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