Trauma da Trascuratezza o Neglect: di diritti negati e violenza nascosta, ancora poco (ri-)conosciuta

di Caterina Visioli

Il contrario di amare non è odiare; il contrario di amare è trascurare 

(Anonimo)

 

30 anni dalla Convenzione sui diritti dell'Infanzia e Adolescenza

Lo scorso 20 Novembre si sono celebrati i 30 anni dalla nascita della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e Adolescenza, un documento di grande rilevanza poiché ha riconosciuto i principi fondamentali per la tutela del benessere dei più piccoli. Esso risulta a tutt’oggi il trattato in materia di diritti umani con il maggior numero di ratifiche. Vi hanno aderito infatti 196 Stati compresa l’Italia, che ha ratificato la Convenzione il 27 maggio 1991, con la legge n.176.

Questa ricorrenza rappresenta un’occasione per riflettere sul benessere di bambini e adolescenti, alla luce delle più recenti evidenze della letteratura su cosa favorisca e limiti il loro sano sviluppo, e del periodo attuale legato all’emergenza sanitaria da Covid-19, in cui stiamo assistendo a un consistente aumento dei segnali di disagio nella fascia più giovane della popolazione. Questa sofferenza, spesso facilmente sommersa e non riconosciuta, sta risultando oggi visibile non tanto “a causa” della pandemia e delle relative limitazioni, ma principalmente poiché l’accumulo di stress che minori e famiglie stanno vivendo negli ultimi mesi la sta facendo emergere, portandoci a riflettere seriamente su quanto sia diffusa.

La Convenzione stabilisce i principi di:

  1. non discriminazione («i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minori senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione»); 
  2. superiore interesse del minore «in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica»; 
  3. diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo
  4. ascolto delle opinioni del minore «in tutti i processi decisionali che lo riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni»

Fra questi, gli ultimi due stimolano in particolare la nostra riflessione, in quanto sottolineano l’importanza del sostegno pratico ed emotivo – ovvero del diritto alla tutela, alle cure e alla sicurezza per il sano sviluppo dei bambini, aiutandoci a comprendere il rischio legato alla trascuratezza di questi aspetti.

Sappiamo che la violenza sui minori è un’emergenza a livello di salute pubblica e di diritti umani e che un miliardo di bambini (la metà nel mondo) ne sono vittima ogni anno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce maltrattamento infantile “l’abuso e la trascuratezza rivolta a minori di 18 anni. Esso include tutti i tipi di maltrattamento fisico e/o emotivo, abuso sessuale, trascuratezza, negligenza e sfruttamento, che porti a un danno presente o futuro per la salute, la sopravvivenza, lo sviluppo o la dignità del bambino, che avvenga all’interno di una relazione significativa di responsabilità, fiducia o potere”. Come sottolinea Teicher, illustre esperto sull’argomento, questa definizione evidenzia un aspetto cruciale da tempo riconosciuto in ambito clinico e di ricerca, ovvero il tradimento del bambino da parte di una qualche figura di riferimento per la sua sopravvivenza fisica e/o emotiva”. Le diverse forme di maltrattamento, infatti, sono un vero e proprio tradimento di quel mandato biologico che – con l’attaccamento - porta i più piccoli in difficoltà a cercare conforto e cure dagli adulti di riferimento e, in modo complementare, porta gli adulti a rispondere – con l’accudimento - alle richieste di cure. A partire dagli anni ’90, la letteratura ha via via dimostrato che non sono solo le situazioni di conflitto sociale e/o domestico a negare il diritto all’infanzia, ma anche le varie forme di Trascuratezza (in inglese, Neglect). Questa, infatti, è stressante e traumatica per il bambino al pari del maltrattamento fisico e, spesso in maniera più subdola, comporta importanti effetti a medio e lungo termine per lo sviluppo fisico, psicologico e sociale e la comparsa di psicopatologia.

Fra le diverse forme di maltrattamento infantile, la trascuratezza (o neglect) è definita come “la negligenza, la trascuratezza, la mancata attenzione ai bisogni primari del bambino” e consiste nel fallimento nel soddisfare i suoi bisogni fisici ed emotivi fondamentali. Si distingue in:

  • Trascuratezza fisica: non riuscire a provvedere a bisogni fondamentali come il cibo, l’abbigliamento, una casa, la sicurezza. 

  • Trascuratezza educativa: non garantire al bambino il diritto a un’istruzione. 

  • Trascuratezza medica: non fornire adeguata assistenza sanitaria, rifiutando le cure e ignorando le raccomandazioni mediche. 

  • Trascuratezza emotiva: non soddisfare le esigenze di stimoli e nutrimento emotivo del bambino, ignorandolo, umiliandolo, isolandolo e/o avendo comportamenti intimidatori nei suoi confronti. Questa è spesso la forma di neglect più difficile da provare.

 

Cosa sappiamo sulla Trascuratezza?

L’impatto del neglect sul benessere o lo sviluppo successivo di psicopatologia sta venendo oggi riconsiderato. In passato, infatti, in ambito clinico e di ricerca si assisteva a una forma di “Neglect del neglect”, un po’ per questioni metodologiche, un po’ per una diversa cultura sul tema della trascuratezza. Ora sappiamo che il neglect è la forma di abuso sui minori più comune nel mondo, non sempre facile da identificare. I dati a disposizione, infatti, sono sicuramente una sottostima della sua reale diffusione. L’Indagine Nazionale sul Maltrattamento di Bambini e Adolescenti in Italia (basata su dati raccolti fino al 2013) ha mostrato che il 47,1% (42.965 minorenni) delle vittime prese in carico dai Servizi Sociali per maltrattamenti in Italia ha subìto trascuratezza materiale e/o affettiva, mentre – nel 2019 - 1.840 bambini sono morti per abuso o neglect negli Stati Uniti. Altri studi hanno evidenziato un’incidenza del 16.3% - 20.6% per la trascuratezza fisica e del 18.4% - 29.4% per la trascuratezza emotiva, con differenze a seconda delle età e delle aree geografiche considerate. Sappiamo anche che i bambini che vivono in una condizione di povertà sono 5 volte più a rischio di subire abuso e trascuratezza rispetto a quelli che hanno uno status socioeconomico migliore e che il maltrattamento infantile determina importanti costi in termini di salute pubblica (nel 2015, negli USA, 428 miliardi di dollari), al pari di patologie come l’infarto e il diabete di Tipo 2. Sappiamo, inoltre, che il neglect - se non riconosciuto e trattato - può avere un impatto molto significativo sulla salute e le opportunità di benessere nel ciclo di vita. Ad esempio, aumenta il rischio di futura violenza agita o subita, abuso di sostanze, infezioni sessualmente trasmesse, ritardo nello sviluppo cerebrale, e si associa a un più basso livello di istruzione e limitate opportunità lavorative. Inoltre, l’esperienza cronica di trascuratezza può portare a uno stato tossico di stress che può modificare lo sviluppo cerebrale, portando forme di plasticità neuronale che rappresentano degli adattamenti specifici che hanno la funzione di proteggere il bambino che vive in condizioni abusanti, ma che possono anche aumentare il rischio di Disturbo Post-Traumatico da Stress, difficoltà di apprendimento, attenzione e memoria. Sappiamo ancora che i soggetti maltrattati, rispetto a quelli non maltrattati, sviluppano disturbi psichiatrici in più giovane età, con un decorso peggiore del disturbo, maggiori comorbilità, sintomi più severi e una peggiore risposta ai trattamenti. Inoltre, i soggetti maltrattati mostrano alterazioni nel funzionamento delle aree cerebrali suscettibili allo stress, nelle risposte dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e nei livelli di (neuro)infiammazione, che non sono ugualmente riscontrabili nei soggetti non maltrattati. Pertanto, soggetti maltrattati e non, anche quando presentano la stessa diagnosi, appaiono diversi da un punto di vista clinico e neurobiologico. Infine, sappiamo che le famiglie maltrattanti, a confronto con quelle che non lo sono, mostrano più intensamente le emozioni negative, depressione, aggressività verbale e rabbia. Inoltre, hanno livelli più bassi di controllo e regolazione delle emozioni e minori capacità di fronteggiare le difficoltà (coping).

Cosa possiamo fare?

Un primo passo per prevenire ogni forma di maltrattamento infantile - inclusa la trascuratezza (o neglect) - è capire quanto spesso accada, dove e il suo impatto per la salute e il benessere di bambini e ragazzi. Ciò significa costruire e sviluppare una cultura trauma-informed, ovvero una conoscenza diffusa (fra bambini e adolescenti, famiglie, servizi educativi e sociosanitari di vario tipo) che permetta di segnalare, riconoscere e intervenire tempestivamente e adeguatamente a sostegno dei minori che si trovano a sperimentare questo tipo di difficoltà.

Infatti, nonostante le migliori conoscenze sull’argomento, oggi manca ancora un’adeguata condivisione di questi aspetti sia fra bambini e adolescenti – potenziali vittime - perché possano chiedere e trovare aiuto, sia all’interno delle istituzioni educative e sociosanitarie deputate alla loro tutela, perché possano effettivamente offrire protezione rompendo un ciclo di trascuratezza che troppo spesso ancora si ripete, coinvolgendole. Inoltre, la pratica clinica risulta spesso inadeguata e le persone che si rivolgono ai servizi di salute mentale non vengono intervistate sulla presenza di esperienze di abuso o neglect nella loro vita. Poiché sappiamo che soggetti maltrattati e non, con la stessa diagnosi, appaiono diversi da un punto di vista clinico e neurobiologico, considerare la presenza di maltrattamento infantile e/o di stress precoce rappresenta un punto di fondamentale importanza per migliorare le capacità diagnostiche e di trattamento al momento della presa in carico. Inoltre, approfondire le condizioni familiari e ambientali che originano il maltrattamento infantile può offrire le basi per delle pratiche di prevenzione, screening e trattamento più efficaci a sradicare questa e ogni forma di maltrattamento. È poi fondamentale che non solo gli adulti, ma innanzitutto i bambini e ragazzi siano consapevoli dei propri diritti, li conoscano e li sentano propri, attraverso spazi e attività (es. a scuola) che consentano loro di conoscere le diverse forme di maltrattamento e trauma, che li aiutino a fare domande difficili e a osservare ciò che è doloroso. In questo, pediatri, infermieri e insegnanti possono svolgere un ruolo fondamentale. È importante creare condizioni per far sentire i bambini ascoltati e pensati e, anche nel caso di trascuratezza come di altre forme di maltrattamento, attivare risorse e servizi per sostenerli nella sofferenza e aiutarli a raggiungere importanti obiettivi di vita (accademici, sociali e affettivi e lavorativi), che la letteratura dimostra essere fattori protettivi e di benessere.

Ciò significa intervenire a diversi livelli: per rafforzare la sicurezza finanziaria delle famiglie, con politiche del lavoro favorevoli; cambiare le norme sociali di supporto ai genitori e alla genitorialità, attraverso campagne pubbliche di rinforzo degli atteggiamenti genitoriali positivi e con misure legislative per ridurre le punizioni corporali; offrire cure e istruzione di qualità fin dalle fasi più precoci di vita, con attività prescolari che coinvolgano le famiglie e sistemi di accreditamento e valutazione dei servizi di sostegno all’infanzia; accrescere le abilità genitoriali per promuovere il sano sviluppo dei bambini, con attività fin dalla prima infanzia che coinvolgano la famiglia; intervenire per ridurre i danni e prevenire i rischi futuri, con la prevenzione primaria, il parent-training sui comportamenti positivi di accudimento, con attività mirate a ridurre i danni da esposizione al neglect e con interventi volti a prevenire comportamenti a carattere violento.

Abbiamo ancora tanto da fare a partire dai preziosi spunti offerti dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e Adolescenza, che ancora oggi fornisce una guida e una prospettiva attuali per offrire un mondo migliore ai piccoli di oggi e di domani.

Concludendo con le parole di Dan Pursuit, Tutti i bambini indossano un cartello con la scritta “Voglio essere importante!”. I problemi nascono quando nessuno legge questa scritta”. Nel lavoro di ciascuno di noi siamo chiamati ogni giorno a mettere in pratica quegli spunti, per leggere il cartello che ogni bambino porta con sé e per aiutare chi intorno a lui fatica a farlo.
 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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