JANINA FISHER – TRASFORMARE L’EREDITA’ DEL TRAUMA

JANINA FISHER – TRASFORMARE L’EREDITA’ DEL TRAUMA

Un manuale pratico per la vita quotidiana e per la terapia

 

di Cristiana Chiej e Camilla Marzocchi

 

In questo breve ma ricchissimo volume Janina Fisher, una delle più grandi esperte sul trauma a livello internazionale, condensa anni di lavoro e di studio sul trauma in una preziosa guida per terapeuti e pazienti. Focus della sua proposta non sono le memorie traumatiche ma l’eredità del trauma, appunto, ovvero il modo in cui il nostro corpo e il nostro cervello si sono adattati per sopravvivere al trauma: l’obiettivo non è gestire i ricordi, ma aiutare a guarire dagli effetti fisici, emotivi e cognitivi creati dal trauma.

Il volume è pensato come strumento da condividere in terapia fra pazienti e terapeuti, come guida e risorsa congiunta, in modo che i sopravvissuti al trauma possano diventare collaboratori attivi del processo di guarigione. Janina Fisher mette a disposizione, infatti, in queste pagine la sua grande esperienza e sensibilità, per aiutare i pazienti (e aiutare i terapeuti ad aiutarli) nel difficile cammino di risoluzione del trauma, imparando a conoscere degli effetti del trauma, ad attivare la loro curiosità sulle proprie emozioni e reazioni senza giudicarle, senza forzarli e anzi aumentando la loro padronanza di sé e del proprio percorso di guarigione.

La curiosità aperta e non giudicante è sicuramente l'attitudine più visibile nelle formazioni con Janina Fisher e il libro è completamente in linea con questa fondamentale apertura all'esperienza interna del paziente, così come del terapeuta: ingrediente fondamentale della terapia del trauma è anche il linguggio usato, che rende questo libro un solido alleato al complesso lavoro terapeutico. Molti pazienti che giungono in terapia da una lunga storia traumatica, hanno generalmente anche una lunga storia di sintomi che li ha accompagnati e che ha condizionato significativamente le loro relazioni e la loro vita quotidiana, sintomi che spesso diventano una vera e propria identità di “malato”, “matto”, “strano”, “sbagliato”, “emarginato”. E questo è il primo motivo per leggere questo libro: comprendere profondamente che quello che è accaduto è solo un'eredità che abbiamo ricevuto da esperienze avverse e che ci troviamo a dover gestire, maneggiare e risolvere.

La colpa e la vergogna sono le emozioni più comuni nei sopravvissuti a eventi traumatici, soprattutto quando avvengono nella primissima infanzia, poiché sono emozioni che offrono una spiegazione plausibile - sebbene dolorosa - agli eventi inspiegabili accaduti: “è successo a me perchè sono difettoso e non meritevole di amore”, “è accaduto a me perchè non sono stato capace di proteggermi”, “in fondo me la sono cercata”, “sono stato io a provocare la violenza”, “avrei dovuto prevedere gli eventi”, “sono così schifoso che non merito di vivere”..

Ecco perché il primo approccio a questo lavoro di cura deve tenere conto del fatto che le vittime di traumatizzazione cercano la terapia per eliminare i loro sintomi, ma non cercano sempre rassicurazione o conforto o salvezza, spesso anzi si ritengono completamente responsabili dei fatti che sono loro accaduti e una terapia che sia efficace dovrà aiutarli in questo primo cambio di prospettiva: leggere gli eventi e osservare il modo in cui il loro cervello e il loro corpo sono sopravvissuti e si sono adattati alle situazioni avverse, senza giudizi, senza interpretazioni, senza fretta di attribuire colpe e significati.

 

Guarire o sentirsi guariti inizia ad accadere nel momento in cui noi accettiamo e perdoniamo noi stessi- nel momento in cui noi vediamo quel piccolo bambino/a che eravamo, attraverso gli occhi dell'adulto che siamo diventati. Quel bambino e quella bambina credevano che la vergogna fosse la prova che fosse giusto biasimarli, che fossero difettosi e che non meritassero di essere amati: erano troppo giovani per sapere che la vergogna è semplicemente una risposta di sopravvivenza che ci aiuta a sottometterci quando siamo in trappola.”

 

I primi capitoli si concentrano sulla psicoeducazione di base e raccontano quello che le neuroscienze hanno scoperto negli ultimi decenni su cosa succede in un “cervello traumatizzato”, soprattutto in un'ottica di sopravvivenza, di azioni cioè e strategie necessarie per andare avanti in condizioni di emergenza. Seguono poi i capitoli più orientati alle strategie e alle tecniche per gestire la frammentazione interna, le difficoltà di regolazione delle emozioni, gli esiti di un attaccamento traumatico nelle relazioni, tutto attraverso la ricerca di un punto di osservazione nuovo: sviluppare un cervello capace di osservare.

Il capitolo V è sicuramente il cuore del libro e permette di iniziare ad avviare la trasformazione del paziente (e del terapeuta) verso una prospettiva psicotraumatologica condivisa. Spesso la colpa e la vergogna nelle vittime, sono indotte da credenze disfunzionali e culturali che in qualche modo giudicano la mancanza di riflessività o di capacità di compiere scelte adeguate come “mancanza di volontà”. MA quello che succede nel cervello è semplicemente che quando la corteccia prefrontale è spenta o disconnessa, le nostre capacità riflessive e decisionali sono temporaneamente sospese e inaccessibili.

Ecco perché la prima capacità da stimolare, attraverso la curiosià non giudicante è proprio questa: creare e mantenere l'accesso alla mente pensante, capace di osservare i fenomeni emotivi interni senza esserne travolti e senza giudicarli. La capacità della mente di osservare e restare presente nel lavoro terapeutico è elemento centrale per la sicurezza del lavoro sul trauma e al tempo stesso la chiave di accesso per elaborare e lasciar andare quello che dell'eredità del passato non ci serve più trattenere nel presente.

L'istinto innato della mente umana è quello di anticipare gli eventi, prevedere, interpretare e questo ci permette spesso di guadagnare tempo e raggiungere conclusioni e fare previsioni in modo più rapido. Tuttavia quando il cervello si abitua a funzionare in emergenza, le valutazioni che emergono possono risultare condizionate da questo, poco accurate o poco orientate al presente, e dunque rendere le previsioni erronee o incongrue rispetto alla situazione attuale. Ecco perchè è importante sviluppare l'attitudine a “notare” semplicemente quello che accade, senza fretta e senza pregiudizi, con la cura e la curiosità che dedicheremmo a qualcosa di nuovo da studiare e da comprendere, anche se l'oggetto della nostra attenzione sono le nostre emozioni, i nostri pensieri, e i nostri stessi comportamenti che ci riguardano molto da vicino ma cui spesso diamo significati scorretti.

Con la stessa cura invitiamo alla lettura di questo testo, la semplicità e la profondità che l'autrice offre sono percepibili nella lentezza di un auto-ascolto e di una auto-osservazione che lasci il tempo di capire e accedere ad un sé compassionevole e autenticamente aperto alla comprensione di noi stessi e del nostro modo di muoverci nel mondo.

 

Janina Fisher“… Continuate ad estendere la stessa compassione che offrireste a qualsiasi essere vulnerabile, fino a quando sentirete quel bambino/a dentro di voi rilassarsi, ammorbidirsi e sedersi più dritto. Sappiate sempre che quando il bambino o la bambina dentro di voi inizia a sentire il calore e la gentilezza della vostra accettazione e del vostro benvenuto, state finalmente iniziando a guarire l'eredità del vostro passato traumatico.”

Janina Fisher

 

Fisher, Janina “Trasformare l'eredità del trauma”, Ed. Mimesis 2021. Traduzione italiana a cura di Giovanni Tagliavini e Paola Boldrini, dal Testo originale: Transforming the Living Legacy of Trauma: A Workbook for Survivors and Therapists by Janina Fisher, PESI Publishing & Media, 2020 (da https://janinafisher.com/resources)


 

Janina Fisher Trasformare eredità del trauma
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