Bessel van der Kolk: Nutrire la nostra salute mentale durante la pandemia di COVID-19

di Camilla Marzocchi

Psicoterapeuta, Consigliera AISTED

Dal Webinar del 3 Aprile 2020 di Bessel van der Kolk

Risorsa originale in inglese: Nurturing our mental health during the COVID-19 pandemic. 

Bessel van der KolkLa riflessione del Dr Bessel van der Kolk, nasce dall'idea di dare un contributo su come affrontare e gestire la situazione pandemica che ci sovrasta tutti.

Nelle settimane di quarantena stiamo vivendo una condizione che lui definisce “pre-traumatica”, una condizione cioè che potrebbe preparare il terreno allo sviluppo di una traumatizzazione psicologica, poiché coinvolge diversi aspetti centrali per la nostra vita: la sicurezza fisica e la malattia, le condizioni economiche e il costo psicologico del vivere rinchiusi in casa e separati dagli altri.

Abbiamo imparato molto dalla cultura del trauma negli ultimi decenni e qualcosa potrebbe esserci utile per capire ora come affrontare la situazione attuale, in un modo che sia il più possibile adattivo per la mente.

 

Pre-condizioni per lo sviluppo di un trauma.

Cosa favorisce lo sviluppo di traumatizzazione? Sappiamo ormai che alcune condizioni emotive posso facilitare e favorire processi di traumatizzazione. Vediamo quali aspetti e segnali possono verificarsi anche nell'emergenza attuale:

  1. Perdita di prevedibilità del mondo conosciuto

  2. Immobilità

  3. Perdita di connessione

  4. Ottundimento (Numbing out) e Distacco/Distanziamento (Spacing out)

  5. Perdita del senso del tempo

  6. Perdita del senso di sicurezza

  7. Perdita di senso e scopo nella vita

Ci sarà molto da imparare da questa esperienza. Non ci saranno esperti in questo campo, poiché il verificarsi di una pandemia è un fenomeno del tutto nuovo per il mondo che conosciamo ed è passato molto tempo dall'ultima volta che abbiamo dovuto affrontare un simile problema. Si tratta di una condizione differente per ognuno. Per qualcuno la pandemia può costituire un tema emotivo e familiare carico di significato. L'esperienza familiare del Dr. Bessel van der Kolk è, come lui stesso condivide, molto condizionata dall'aver vissuto enormi perdite durante la pandemia del 1918 e sottolinea come una grande parte della sua storia genetica e dell'eredità emotiva di questa terribile esperienza che ha colpito la sua famiglia, siano l'aver visto nei suoi nonni e nei suoi genitori i segni di un enorme vissuto di impotenza e disperazione legato ai numerosi lutti e alla grave povertà di quegli anni. Magari qualcuno di noi ha un vissuto familiare diverso, ad esempio legato alla diffusione della tubercolosi, o qualcun altro potrebbe avere nella sua famiglia l'esperienza di essere stati sequestrati o imprigionati: ogni evento del passato, familiare o personale, può “tornare vivo e presente” nel nostro sistema emotivo oggi ed esserci d'aiuto nella situazione attuale, aiutarci a riflettere e a capire le diverse situazioni, ma anche al contrario contribuire a disorganizzare ulteriormente la nostra esperienza emotiva, proprio in virtù del riaprirsi di vecchie ferite.

Vediamo come sarà possibile aiutarci:

  1. Ritorno alla prevedibilità:

    Creare delle routine, degli appuntamenti, delle attività che permettano di tenere uno sguardo proiettato in avanti e di collocarsi in una cornice temporale definita e organizzata, anche se siamo chiusi in casa. Scrivere e creare un calendario di attività ludiche, relazionali o lavorative e condividerlo con le persone care. La passività è una reazione emotiva normale, ma molto pericolosa per la mente se protratta troppo a lungo.

  2. Immobilità vs Movimento:

    Quando siamo traumatizzati ci troviamo in una condizione emotiva in cui sentiamo letteralmente che “non c'è niente che possiamo fare per cambiare le cose”. Insieme a questo perdiamo anche il nostro stesso senso fisico e corporeo di poter agire (agency) e questo ha un impatto enorme sul corpo. La nostra normale reazione di fronte a eventi stressanti è muoverci: attaccare o fuggire sono reazioni normali per mettersi al sicuro, fare qualcosa che ci salvi, reagire. Ma per ora il nostro naturale sistema di difesa non può attivarsi in questa direzione, dobbiamo restare immobili e una grande quantità di attivazione fisiologica viene bloccata, non può semplicemente esprimersi. Questo potrebbe portare, come i primi dati di ricerca stanno evidenziando, ad un incremento dell'aggressività, dell'irritabilità e della violenza domestica. Che fare? Se teniamo questa idea che il corpo di tutti noi sta accumulando una grande quantità di energia non-utilizzata allo scopo di proteggersi, possiamo coltivare la possibilità di utilizzare questa energia per azioni, soprattutto fisiche, utili per la nostra vita e fare con il corpo tutto quello che ci è ancora possibile fare: realizzare oggetti, cucinare insieme, fare lavori in casa, fare la spesa, fare pulizie, prendersi cura delle cose e delle persone, fare sesso, ballare, suonare, cantare, essere creativi in tutti imodi possibili che conosciamo. Altre risorse su: https://www.besselvanderkolk.com/

  • E' centrale guidare “un passo alla volta” il nostro bisogno di azione su attività funzionali, cooperative e non dannose per la salute nostra e di chi abbiamo vicino

  • Auto-regolazione: imparare come ascoltare e regolare le nostre emozioni, comportamenti e pensieri. La ricerca neuroscientifica suggerisce che lo Yoga, il Qi Gong, Tai Chi, la Meditazione, Esercizi di respirazione, la Mindfulness sono tutte attività di comprovata efficacia per questo scopo: calmare il corpo, restituire un senso di sé e offrire un “àncora” forte per aiutare a contenere e orientare tutte le normali reazioni fisiologiche di questo periodo.

  • Il rischio di non avere adeguate strategie di regolazione delle emozioni intense di questo periodo, potrebbe essere per molti quello di ricorrere all'alcool o alle sostanze o al cibo come “auto-cura” disfunzionale.

  1. Restare connessi vs Disconnessione: come essere umani siamo creature sociali, non esistiamo come singoli individui. L'interazione con altri cervelli e altri corpi, essere sintonizzati con gli altri è una caratteristica fondamentale della nostra specie. Essere rinchiusi e soli in casa è dunque una condizione completamente innaturale per ognuno di noi. Chi si trova a vivere da solo la condizione di quarantena, potrebbe sentire con più difficoltà tale condizione e talora essere portato a pensare di non essere “reale”, quando deprivato troppo al lungo di ogni forma di connessione umana. 

    Connessione visiva: sappiamo che vedere il volto, incontrare lo sguardo, ascoltare il tono di voce sono stimoli fondamentali per il nostro cervello per tornare sintonizzati e connessi; in questa fase le videochiamate sono molto importanti per mantenere o ritrovare la sensazione di esistere, di essere visti da qualcuno, per rientrare in quel ritmo e in quella sintonizzazione emotiva che ci permette di approfondire anche la connessione emotiva con noi stessi e di sostenerci.

    Nelle epidemie del passato non c'è sempre stata questa possibilità di essere così connessi a grandi distanze, ed è importante ricordarci oggi di questa risorsa fondamentale che può contribuire a mantenere nutrita la nostra “vitalità” come esseri umani, nel corpo e nella mente. Giochiamo, cuciniamo, cantiamo, suoniamo insieme.

  2. Numbing vs Mindfulness: una risposta emotiva naturale quando si attraversano eventi di vita drammatici è l' “ottundimento emotivo” (numbing), sentirsi cioè in uno stato di nebbia e confusione che permette di non percepire chiaramente le emozioni negative, ma che può condurre - se protratta troppo a lungo - ad un distacco più duraturo dalla realtà e dalle relazioni, con un senso di passività e impotenza pericolose nel lungo termine (tv, uso di sostanze, cibo, videogiochi, uso passivo dei social). Per uscire dal numbing traumatico è fondamentale re-immettere vitalità nel nostro corpo, sentirci di nuovo vivi dopo quello che abbiamo vissuto. Come fare?

  • Riconoscere se stessi”: imparare a osservare e notare cosa succede all'interno, che emozioni ci guidano, che reazioni ci abitano, che pensieri ricorrono. Senza questo livello di osservazione della nostra mente, potremmo agire come un “pollo con la testa tagliata”: vivere cioè continuamente in uno stato reattivo e automatico di paura, rabbia, irritazione verso gli stimoli esterni, senza consapevolezza di quello che ci accade davvero.

  • Fare scelte”: una volta acquisito maggior contatto con se stessi e con la propria esperienza emotiva interna, diventa più facile scegliere cosa fare o almeno avere un'idea più chiara di quale strada sia possibile per noi.

  • Sguardo esterno”: avere qualcuno che ci parli, che ci aiuti ad identificare cosa succede dentro di noi, al nostro corpo, alle nostre emozioni o pensieri. Dare insieme un nome alle esperienze interne e condividerle con un amico, un terapeuta, un insegnate di yoga, un collega, chiunque possa osservare con noi semplicemente quello che accade e offrire uno sguardo capace di “testimoniare” la nostra esperienza interna, senza paura e con compassione.

  • Meditare”: è molto utile ed importante trovare un modo per esercitare uno stato di mindfulness attraverso la meditazione, meglio se condivisa con classi online, poiché osservare quello che succede all'interno  del corpo o della mente può essere a volte difficile o spaventoso. Talora meditare può essere difficile, se non si è mai stati abituati a farlo o se non lo si ha come abitudine già da prima di questa situazione particolare. Per meditare in sicurezza sarà  allora necessario sviluppare insieme allo stato di mindfulness anche un'attitudine compassionevole verso se stessi (self-compassion), un'accettazione incondizionata di tutto quello che emerge di positivo e di negativo, e questo è più facile probabilmente se non siamo soli e se qualcuno osserva insieme a noi quello che stiamo sperimentando soggettivamente dall'interno. Nell'esplorare l'esperienza emotiva interna possono affiorare infatti parti spaventate o arrabbiate o parti addirittura ostili alla ricerca di uno stato di calma: sarà importante ricordarci che è normale avere diverse parti o aspetti dentro di noi e che anche la rabbia è una parte che merita rispetto e accoglienza: potrebbe averci aiutato a sopravvivere nel passato e a tollerare emozioni altrimenti insostenibili. E' importante dunque provare ad includere le parti ostili nella meditazione, osservarle e accettarle per il ruolo che hanno avuto nella nostra vita, sentendole “alleate” dentro di noi e "protettiva", anzichè una minaccia.

  1. Perdita del senso del tempo vs Guardare al futuro: una delle caratteristiche principali nei processi di traumatizzazione è la perdita del senso del tempo, il non riuscire più a vedersi nel futuro, il sentire che la condizione traumatica e il dolore dureranno per sempre. Per tornare a guardare al futuro, è necessario dunque recuperare intanto un senso del tempo più ancorato al presente e di nuovo la meditazione torna molto utile a questo scopo: nell'osservazione non giudicante della propria esperienza interna, potrebbero affiorare emozioni o sensazioni corporee molto disturbanti (ansia, rigidità o dolore fisico, disperazione,..), ma se riusciamo a stare nelle sensazioni e a notarle mentre respiriamo, potremmo osservare che a poco a poco i pensieri iniziano a spostarsi lentamente.

    E' importante ricordarci che siamo organismi viventi, se ad esempio ci sediamo immobili e semplicemente respiriamo ci accorgiamo che il nostro corpo è in una continua evoluzione, differenti sensazioni o pensieri vengono a galla continuamente, ma se continuiamo a focalizzarci solo sul respiro e sulla posizione del nostro corpo seduto qui ed ora, tutte le diverse emozioni, sensazioni o pensieri passano e semplicemente si trasformano, muovono verso altro.

    Respiro dopo respiro possiamo percepire che il nostro corpo cambia e possiamo vivere la sensazione interna che ogni momento è diverso dal precedente e che passerà. Questo guida la mente verso la consapevolezza di essere un organismo vivente che ha il suo proprio senso del tempo e che può notare come tutte le cose diventino diverse a poco a poco che il tempo scorre e che niente resta fermo: la luce dalla finestra, il mio senso del sé, il proprio respiro, il proprio dolore, etc..etc.

  2. Senso di sicurezza interno: acquisire un senso di sicurezza interno è centrale per chi ha vissuto situazioni traumatiche e per tutti è una condizione necessaria da preservare, sia quando viviamo con altre persone, sia quando viviamo da soli. Per ognuno di noi è importantissimo dunque identificare: cosa ci fa sentire al sicuro? Magari è un certo tipo di musica, magari un certo tipo di lettura: cosa ci aiuta a sentire uno stato di calma interiore?

  • Il contatto fisico è l'elemento che più di ogni altro ci garantisce come esseri umani di sentire un senso profondo di sicurezza e conforto. Per chi vive in famiglia è il momento delle coccole, degli abbracci, del far sentire agli altri la vicinanza e l'importanza del contatto umano nella nostra percezione di sicurezza; per chi vive da solo in questa fase critica è molto più difficile, ma potrebbe essere altrettanto importante trovare una strada per offrire a se stessi un senso di maggior contatto e calore con alcuni esercizi corporei, per sviluppare un senso più profondo di sicurezza interno al corpo e di contatto con sé. Altre risorse su canale: Trauma Research Foundation

  • Privacy/confini: il nostro senso di sicurezza tuttavia può passare anche dall'avere necessità di uno spazio di privacy e solitudine, di uno spazio in cui possiamo non essere raggiunti, quando abbiamo bisogno di questo per avere un maggior contatto con noi stessi. Cosa possiamo fare se condividiamo spazi limitati? Identificare un angolo o un luogo della casa in cui gli altri sappiano che in quel momento abbiamo bisogno di non ricevere richieste, compiti, domande ed è nostro diritto chiederlo e trovarlo.

  • Le persone traumatizzate sentono un costante senso di minaccia all'interno del loro corpo, poiché sono continuamente bombardate da segnali viscerali di allerta e pericolo e nel tentativo di controllare questo processo, spesso diventano molto bravi nell'ignorare i loro segnali viscerali e nell'annebbiare la consapevolezza: imparano cioè a nascondersi da loro stessi. Di nuovo lo Yoga, il Tai Chi, Qi Gong sono pratiche valide e scientificamente provate per aiutare a creare un senso di sicurezza interno, per imparare ad abitare il proprio corpo in un modo sicuro. Altre Risorse qui: https://www.besselvanderkolk.com/blog

Altre Risorse del Dr. Bessel van der Kolk:

Caring for yourself: structure, connection, movement and engagement.

Non dimentichiamo che in questo momento chi vive una condizione di traumatizzazione, maltrattamento o violenza in famiglia potrebbe essere in pericolo nella condizione di quarantena forzata e potrebbe aver bisogno di chiedere aiuto.

Di seguito i numeri di emergenza in Italia per farlo:

Numero Unico Nazionale Antiviolenza e Stalking 1522

 

connection