"Trauma Complesso e Dissociazione:
aspetti avanzati della Teoria della Dissociazione Strutturale"
di Cristiana Chiej
E' stato un fine settimana ad alta intensità quello trascorso a fine gennaio, in occasione dell'assemblea generale AISTED.
Come Associazione abbiamo infatti avuto l'onore di ospitare un workshop di due giorni tenuto da uno dei massimi esperti a livello internazionale di EMDR, trauma complesso e dissociazione: Roger Solomon, psicologo e psicoterapeuta, Senior Trainer in EMDR e consulente negli Stati Uniti per il senato, la NASA e molte altre agenzie governative.
Mettendo generosamente a disposizione la sua grande esperienza clinica, con una notevole capacità di sintesi, integrazione e chiarezza didattica, Solomon ci ha accompagnati dentro il processo terapeutico, laddove nascono le maggiori sfide e insidie per chi lavora con pazienti con un disturbo dissociativo.
Attraverso l'ausilio di video tratti da suoi workshop internazionali, abbiamo potuto osservare momento per momento il delicato intervento di stabilizzazione, preparazione e infine il lavoro sulle memorie traumatiche: ne è emerso un uso incredibilmente flessibile e rigoroso allo stesso tempo dell'EMDR, che ancora una volta ha mostrato la sua efficacia anche nel lavoro sul trauma complesso, se utilizzato all'interno di una cornice teorica che riconosca la necessità di un approccio trifasico (stabilizzazione, elaborazione delle memorie traumatiche e integrazione) al trattamento di questi pazienti (Van der Hart, Nijenhuis, Steele, 2011).
E' infatti importante differenziare il lavoro in base alle capacità regolative e al livello di realizzazione e integrazione: se il paziente ha sufficienti risorse in questo senso è possibile procedere direttamente all'elaborazione delle memorie traumatiche in tutta sicurezza, altrimenti occorre calibrare l'intervento e lavorare prima sulla stabilizzazione.
Solomon, sposando la teoria di Liotti, evidenzia come la dissociazione affondi le sue radici nell'attaccamento disorganizzato, aggravato poi dal trauma (Liotti, G., Farina B., 2011). La disorganizzazione dell'attaccamento, data dall'attivazione contemporanea del sistema di attaccamento e del sistema di difesa verso la stessa figura, che determina una "paura senza sbocco", rappresenta dunque il terreno su cui le esperienze traumatiche vanno ad innestarsi, creando un danno che è tanto più grave quanto più precocemente esse avvengono. Per questa ragione, prima di poter lavorare sulle memorie traumatiche in modo sicuro ed efficace, è necessario ridurre la disorganizzazione dell'attaccamento e la iperattivazione del sistema di difesa. Come molti altri psicotraumatologi, Solomon parte dall'idea che la dissociazione rappresenti un continuum, dove ad un estremo di trovano gli "stati dell'io" (differenti ma non separati modi sentire e pensare della persona in un determinato momento) e all'altro estremo parti dissociative con una notevole autonomia psichica. Più ci si sposta verso la dissociazione, più è necessario lavorare sulla stabilizzazione e sulla diminuzione della fobia fra queste parti, pena l'efficacia e la sicurezza del lavoro terapeutico.
Anche in queste fasi del trattamento, tuttavia, l'EMDR ha un ruolo di primo piano, andando bel al di là delle potenzialità del protocollo standard. Nelle sedute mostrate nei suoi video, infatti, Solomon utilizzava continuamente le stimolazioni bilaterali per far proseguire il lavoro clinico verso la stabilizzazione e una progressiva integrazione.
Per poi procedere all'elaborazione delle memorie traumatiche con il protocollo standard è necessario che vengano rispettati alcuni criteri. Innanzi tutto il paziente deve avere la capacità di calmarsi, ovvero di rientrare nella finestra di tolleranza: è certamente possibile che durante il lavoro il paziente si attivi tanto da perdere la regolazione, e proprio per questo è necessario costruire insieme a lui i "freni di emergenza" affinché questa esperienza non rappresenti una nuova traumatizzazione.
Ci deve inoltre essere una certa co-consapevolezza e collaborazione fra le parti dissociative: con la supervisione della parte adulta, devono riconoscere la reciproca presenza e la funzione che ciascuna ha svolto al tempo del trauma e continua a svolgere per proteggere il paziente e garantirgli la sopravvivenza in condizioni così estreme come quelle create dal trauma. Solo se le parti cominciano a riconoscersi reciprocamente, ad essere consapevoli ed accettare la presenza le une delle altre, il buon lavoro svolto ("Good Job!") da ciascuna per proteggere il sistema, allora si può chiedere loro il consenso per procedere con l'elaborazione delle memorie traumatiche, senza correre il rischio di una ri-traumatizzazione.
Il terapeuta deve costantemente lavorare portando il paziente a osservare i suoi stati interni, a mantenere l'orientamento nel tempo presente, la connessione con la sua parte adulta e le sue risorse, la consapevolezza che il momento del trauma è passato. La capacità di orientarsi nel tempo, una sufficiente capacità integrativa tale da rimanere presente o tornare presente quando emergerà l'emozione del trauma, è fondamentale per permettere al paziente di tollerare ora quello che è stato troppo allora, rendendo l'esperienza del rientrare in contatto con le memorie traumatiche davvero trasformativa e non più soverchiante.
Naturalmente la sequenza non è manualizzabile, ma è necessario valutare di volta in volta la presenza di questi criteri minimi prima di poter entrare nelle memorie traumatiche.
In questo percorso, ogni piccolo momento di connessione empatica all'interno del paziente, di riconoscimento amorevole del dolore e della fatica attraversati, è una risorsa da installare, da riconoscere e coltivare perché le ferite possano essere sanate e la frammentazione ricomposta. E' un lavoro complesso, lungo il quale Roger Solomon ci ha accompagnati mostrando i punti di svolta possibili, le scelte fatte e le diverse strategie utili a far procedere il lavoro o ad uscire da eventuali stalli. La relazione terapeutica, ha ripetutamente puntualizzato Solomon, è cornice e nello stesso tempo strumento principe dell'intervento clinico: il paziente non lavora da solo, ma all'interno di un assetto relazionale sintonico e cooperativo, attento a dosare gli interventi affinché il paziente non sia in balia delle emozioni dirompenti ma sempre più capace di tollerare e gestire nel presente ciò che è stato soverchiante al momento del trauma, grazie anche al clima di sicurezza e fiducia della relazione che accompagna il progressivo lavoro di integrazione.
Purtroppo l'inquadratura dei video mostrati penalizzava il terapeuta e poco si è visto di ciò che Solomon faceva col corpo durante quelle sedute così intense, cariche di emozioni e dense dal punto di vista clinico. Peccato: da quel poco intravisto emergeva tutta la potenza della relazione terapeutica, il suo "stare" nella relazione, la capacità di sintonizzarsi con le pazienti, attraverso il corpo, la postura, lo sguardo, i piccoli gesti, la regolazione continua.
Fare terapia è per certi versi un arte e vedere un artista all'opera è sempre incredibile e potentissimo, ma oltre all'ammirazione per il tocco sensibile di cui Roger Solomon ha dimostrato di essere capace, ciò che molti di noi si sono portati a casa da questo seminario è il senso di prospettiva che emerge dal modo di lavorare di Roger Solomon, la sua capacità di mettere insieme in modo organico, fluido e spendibile nella concreta pratica clinica i maggiori contributi e le conoscenze che la psicotraumatologia oggi offre a chi sta in trincea con questi pazienti, insieme ad una rinnovata fiducia nella potenza ed efficacia degli strumenti a nostra disposizione, primo fra tutti l'EMDR.
Siamo usciti forse un po' frastornati e perturbati dall'intensità emotiva di queste giornate, ma certamente arricchiti e, forti degli strumenti a nostra disposizione, motivati a continuare il difficile e importante lavoro con questi pazienti.
A QUESTO LINK IL REPORT SU STATE OF MIND!
BIBLIOGRAFIA
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Liotti, G., Farina B. (2011). Sviluppi Traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Raffaello Cortina Editore, Milano
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Van der Hart, O., Nijenhuis, E.R.S., Steel, K. (2011). Fantasmi nel sé. Trauma e trattamento della dissociazione strutturale. Raffaello Cortina Editore, Milano