Considerazioni del Direttivo AISTED Aps sul caso Foti

 

Caso Foti

 

AISTED accoglie la sentenza che assolve il collega Claudio Foti dalle precedenti accuse con un senso di gioia e sollievo.
 

Questa assoluzione inizia a fare luce su una vicenda complessa, confusa e confondente. Accanto alle fasi di indagine e al processo svolto nelle aule di giustizia, è andato in onda sui media un più articolato e violento processo, quest’ultimo senza tutte le regole dell’esercizio della legge, qui non è prevista l’inammissibilità delle prove tutte rese credibili dalla narrazione.
 

Come traumatologi non può passare inosservata la violenza della disputa a cui abbiamo assistito: è in linea con la violenza che la traumatizzazione provoca ad ondate nella società, in cui la sensazione di pericolo di fronte all'orrore di alcune storie, porta a inevitabili ed estreme polarizzazioni emotive che muovono in un continuum dalla negazione della violenza all'iperidentificazione con le vittime, (come Judith Herman ci insegna) alla ricerca di un colpevole perdendo comunque la capacità di osservare gli eventi nella loro interezza e analizzarli da più vicino con la necessaria calma e lucidità.

Ora calma e lucidità sono arrivate e di fronte ad una sentenza giusta e rispettosa del lavoro del collega, siamo ancora più consapevoli della paura e della sfiducia che questo attacco mediatico ingiusto ha prodotto nella nostra rete professionale e nella società.

Una comunicazione che ha finito per alimentare lo stigma verso la salute mentale e verso l'idea della totale fragilità e malleabilità della mente umana e del suo possibile condizionamento in un periodo dove il bisogno di cura psicologica è percepito come urgente.

 

Cogliendo l’occasione di questa vicenda, quando si opera a contatto con esperienze sfavorevoli infantili in scenari traumatici e dissociativi, ci sono alcune cose da tenere bene a mente:

 

-E’ importante ricordare che la responsabilità della cura è sempre una responsabilità collettiva: il singolo terapeuta può fare la sua parte e scegliere gli strumenti migliori in suo possesso per svolgere al meglio e in scienza e coscienza il suo lavoro, ma questo deve avvenire in un sistema sanitario e giuridico capaci di comprenderne il ruolo e riconoscerne le specificità.

 

-E’ importante tenere a mente che molto frequentemente sono situazioni che rimandano a ipotesi di reato; essere attori, anche non protagonisti, della scena del trauma comporta rischi (e costi) ad intervenire così come a non intervenire, a tutti i livelli: individuale, personale, societario. E’ importante, questa sentenza ce lo dimostra, riaffermare il valore sociale della giustizia per ognuno di noi, specialmente per chi si è trovato ad essere vittima di violenza.

 

-E’ importante conoscere le linee guida nazionali e internazionali e il valore di non essere soli, ma in una rete di colleghi(meglio se formati o esperti) con cui restare in un confronto continuo, aperto sulle proprie difficolta di operatori e sulle sfide cliniche che questo ambito impone.

 

-E’ necessario e fondamentale avere chiaro che di fronte a esperienze di vita traumatiche come una violenza subita, la mente umana per garantire la sopravvivenza, debba o possa dissociarsi. Essere a conoscenza di come la dissociazione possa avvenire e di come, anche all’interno di percorso terapeutico, il dolore intenso che può riaffiorare, può terrorizzare nuovamente: riconoscere e accettare l'orrore subito può essere un'esperienza che continua a spaventare e da cui voler prendere le distanze anche nel qui ed ora. Il terapeuta che lavora con trauma e dissociazione entra a contatto con tutto questo orrore.

 

-E’ necessario diffondere ed assumere una cultura allargata "trauma dissociative informed" a tutti i livelli che attraverso un linguaggio accessibile possa fornire delle lenti per osservare e riflettere su quanto accade, per dare dignità alla sofferenza e voce a chi non può parlare e difendersi (i minori), a chi spesso ancora non viene creduto perché piccolo e troppo suggestionabile o perché le istituzioni, ad esempio la scuola in questo momento, non riescono a tenere nella mente la complessità di ciò che accade.

 

-E’ necessario un sistema giustizia informato sul funzionamento traumatico, per meglio comprendere e operare. Il rischio di sbagliare c'è e va considerato alto in un lavoro così complesso, soprattutto entrando spesso in sistemi familiari altamente disfunzionali in cui si può facilmente restare invischiati, ma gli strumenti per lavorare bene ci sono e condivisi dalle più note associazioni italiane e internazionali.

 

AISTED vuole cogliere l’occasione per mettere in evidenza questi punti di attenzione. Il nostro è un lavoro prezioso e complesso. Per questa ragione abbiamo da sempre portato avanti gruppi di confronto e crescita professionale interni, nazionali e internazionali.

AISTED s’impegna nella raccolta e nella diffusione delle best practice e delle evidenze scientifiche più recenti, anche in uno dei campi più delicati e gravosi: la prevenzione, la tutela, la diagnosi e la cura della traumatizzazione precoce e complessa e il funzionamento dissociativo in età evolutiva. 

AISTED continuerà a lavorare per poter essere un costante punto di riferimento anche in questi momenti complessi, per supportare tutti, le vittime ma anche coloro coinvolti in lavori così difficili, siano essi sul campo o nel ruolo di vigili. 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Herman, J.L. “Guarire dal trauma. Affrontare le conseguenze della violenza, dall’abuso domestico al terrorismo”, Magi Edizioni 2005.
  • Herman, J.L. “Truth and Repair: How Trauma Survivors Envision Justice”, Basics Books, 2023.